Il Sole 20.10.17
Praga. I sondaggi assegnano il 25% dei consensi al partito di centrodestra
Repubblica ceca al voto, favoriti i populisti del miliardario Babis
di R. Es.
La
Repubblica ceca è chiamata oggi e domani a elezioni politiche che
potrebbero segnare, stando ai sondaggi, l’affermazione di un altro
movimento populista, il Partito di centrodestra Ano (Azione del
cittadino scontento), del miliardario Andrej Babis, euroscettico e
fautore di una linea dura nei confronti del flussi migratori.
Il
partito, fondato nel 2012, è accreditato del 25% dei consensi ed era già
parte dell’attuale coalizione di governo, insieme ai socialdemocratici
del premier Bohuslav Sobotka e all’Unione cristiano-democratica, avendo
ottenuto nel 2013 il 18,7% dei voti. Babis, imprenditore di origine
slovacca e secondo uomo più ricco della Repubblica ceca, ha peraltro
ricoperto il ruolo di ministro delle Finanze fino a maggio, quando è
stato rimosso per accuse di frode finanziaria. Ma più di queste ombre (e
delle accuse di conflitto di interesse), è riuscito finora a
capitalizzare la buona performance dell’economia ceca negli ultimi anni,
quando lui era appunto alla guida del ministero delle Finanze. Molto
più del partito del premier, accreditato alla vigilia del voto appena
del 12,5% dei consensi, la metà del 2013. Gli altri partiti sono ancora
più indietro.
Sostenuto anche dal presidente Milos Zeman, dunque,
Babis potrebbe essere il nuovo primo ministro e, a quel punto, dovrebbe
scegliere con chi allearsi. Secondo l’agenzia Ctk, gli scenari più
probabili, rispetto ai consensi dei singoli partiti in lizza, sono due:
il proseguimento dell’attuale coalizione Ano, socialdemocratici e
cristiano democratici, oppure il governo Ano con la partecipazione
diretta o un sostegno dei comunisti e del Partito della democrazia
diretta.
Un cambio alla guida del governo non sarebbe del resto
insolito nella Repubblica Ceca, che dal 2002 ha avuto otto primi
ministri, nessuno dei quali (ad eccezione di Sobotka) è riuscito a
portare a termine il mandato. Nonostante questa instabilità, tuttavia,
il Paese ha continuato a crescere e, tra gli 11 Paesi dell’ex blocco
sovietico che hanno aderito alla Ue nel 2004, è quello che più si è
avvicinato ai partner occidentali in termini di standard di vita,
superando Grecia e Portogallo.