venerdì 20 ottobre 2017

Il Sole 20.10.17
Sul Rosatellum un pasticcio che può lasciare il segno
di Paolo Pombeni

Quel che è successo e sta succedendo sulla questione della legge elettorale mette in scena la classica alternativa del diavolo o, se si preferisce, più prosaicamente quella fra la padella e la brace. Vediamo di tracciare il quadro, per quanto è possibile e di trarre poi qualche considerazione.
Il quadro è quello di un paese che deve andare ad elezioni perché la legislatura si sta esaurendo e non ha una legislazione accettabile per gestirle. La Corte costituzionale ha lasciato in campo un moncherino dell’Italicum per la Camera e uno del Porcellum per il Senato, per nulla omogenei tra loro quanto a criteri. Il Presidente della Repubblica si è appellato al buon senso delle Camere e ha chiesto una legge ampiamente condivisa. Quasi ci si arrivava col cosiddetto simil-tedesco, ma è bastato che due parlamentari assai poco responsabili buttassero la palla in tribuna con un attacco alla situazione particolare dell’Alto Adige perché ci fosse l’occasione per far saltare l’accordo.
Ecco allora l’impasse. Si deve trovare un’altra legge capace di non essere espressione della sola maggioranza (come era l’Italicum) altrimenti si sarà costretti in extremis a far intervenire il governo con un decreto legge che almeno armonizzi i due moncherini superstiti. Il Quirinale è giustamente preoccupato. La soluzione del decreto legge governativo in articulo mortis della legislatura è, per essere generosi, assai poco elegante. Si trovi dunque una larga maggioranza parlamentare su un nuovo disegno di legge.
Il Quirinale verrà accontentato, ma a che prezzo? Per trovare la larga maggioranza si deve proporre un sistema elettorale cervellotico, soprattutto poco logico, perché deve accontentare tante bocche: un po' di maggioritario e un po' più di proporzionale, ma collegati strettamente; uno sbarramento anti-partitini pur al modesto 3%, ma con possibilità di recuperare i voti di quelli che si collocheranno fra l’uno e il tre per cento; pluricandidature e altre tecnicalities. Quanto basta per far gridare quelli a cui il sistema sembra convenire meno all’attentato alla democrazia a loro spese.
A questo punto scatta di nuovo l’alternativa del diavolo: consentire che un dibattito parlamentare senza vincoli rischi di far naufragare la legge, o trovare il modo per garantirsi che ciò non accada perché vorrebbe dire offrire al mondo (inclusi i mercati) la prova che l’Italia è in mano a una classe politica irresponsabile? La garanzia è trovata col ricorso alla fiducia (alla Camera), ma ciò significa richiamare in campo il governo coi suoi vincoli di maggioranza, esattamente quel che si voleva evitare tenendosi lontano dal decreto in fine legislatura.
Detta banalmente: è la cronaca di un pasticcio. Difficile dire come si uscirà dal groviglio in cui ci si è cacciati e quali effetti esso avrà sulla tenuta dell’elettorato, il che per tanti versi corrisponde alla tenuta del paese.
La prima annotazione da fare è che il Quirinale non ha veramente ottenuto soddisfazione. La legge avrà presumibilmente il marchio di un’intesa fra la maggioranza e una quota cospicua dell’opposizione (il che ovviamente non è male) ma sconterà una sempre più marcata spaccatura con molti ambienti che hanno il ruolo di costruttori dell’opinione pubblica. Non sarà sfuggito infatti che tanti influenti opinion leader e opinion maker si pronunciano più che criticamente su questa legge e i più preoccupati delle conseguenze di una possibile astensione arrivano al massimo all’invito montanelliano di votare turandosi il naso. E questo non è bene e non è quanto auspicava Mattarella.
I difensori d’ufficio del Rosatellum bis hanno un bel da fare a spiegarci che anche in leggi precedenti c’erano tanti inghippi del tipo di quelli che oggi appaiono poco digeribili. Non capiscono che come le parole anche le norme si leggono all’interno di un contesto che è quello che dà loro nel migliore dei casi una certa coloritura, nel peggiore le fa anche cambiare di significato. Il contesto di oggi, e temiamo ancor più di domani dopo una campagna elettorale che già sappiamo non si risparmierà nell’uso dei colpi bassi e del fango, è quello di una scollatura fra l’opinione pubblica e la vita politica. Fra astensionismo e fuga verso le offerte anti-sistema si rischia davvero molto: lo si sta vedendo in paesi dove ci sono poche ragioni per essere insoddisfatti, figurarsi nel nostro dove chiunque di quelle ragioni ne trova senza gran sforzo.
L’illusione che ciò non conti nulla perché alla fine l’astensionismo “depura” e lascia in campo solo quelli che fanno convintamente battaglie politiche è molto pericolosa. Lasciare un paese nelle mani dello scontro fra pasdaran e lobby di vario genere e natura non porta mai bene, soprattutto se vogliamo capire che il nostro non è un’isola, ma un pezzo di un sistema internazionale con cui deve e dovrà fare i conti.