il manifesto 5.10.17
Il campo stretto di Pisapia
di Norma Rangeri
La
legge di bilancio, alla fine della legislatura, è uno spartiacque che
impegna la sinistra a dare battaglia contro una politica economica del
governo che, giustamente, Gentiloni rivendica alla continuità di chi lo
ha preceduto. Scostamento dal deficit e ribollita delle scelte che hanno
coperto di miliardi le imprese allargando il girone della precarietà,
togliendo (i diritti) e tagliando (gli ammortizzatori sociali). Senza
voler aprire altri amari capitoli come quello sull’immigrazione.
Diciamo
che pur meritoriamente impegnati a chiedere l’abolizione del
superticket, il non voto al Def di Pisapia e Bersani (abbreviazione di
Campo progressista e Mdp), è una rincorsa a smentire tutto quello che
gli scissionisti del Pd hanno votato fino a ieri insieme a Renzi.
Oltretutto mettere sul tavolo un do ut des tra legge elettorale e legge
di bilancio non depone a favore di una limpida battaglia.
Tuttavia
pur se tardiva, questa sacrosanta «discontinuità» spesso si impiglia
nelle vicende ormai davvero stucchevoli del balletto tra Pisapia e il
resto della sinistra, riducendo così il« campo largo» dell’alternativa a
una storiella evaporata, in breve tempo, in un campo molto stretto.
Ormai l’unica occupazione dell’ex sindaco di Milano sembra quella di
alzare muri per escludere Sinistra italiana, D’Alema e tutti quelli
vogliono costruire una forza di sinistra nei tempi necessari e intanto
lavorare anche a una (una) lista elettorale credibile su alcuni punti
chiari.
Oggi pubblichiamo un piccolo volume con i tre discorsi di
papa Bergoglio ai Movimenti popolari su Terra, Casa, Lavoro. Il papa
naturalmente non è diventato comunista, ma definisce un programma di
rinnovata dottrina sociale della chiesa, richiamando analisi condivise
dalle sinistre nel mondo. Tre discorsi dove i poveri non sono più
oggetti della solidarietà, ma soggetti del cambiamento contro l’attuale
sistema dell’economia globale. Secondo il papa devono intervenire, farsi
protagonisti di una politica contro lo sfruttamento. Scrive Bergoglio
ma sembra di leggere Vandana Shiva. Sfruttamento della natura e
dell’uomo, impegno contro un sistema economico capace di tutto, «come
avviene anche in Italia dove con la disoccupazione si annulla un’intera
generazione per mantenere l’equilibrio». Non si potrebbe dire meglio.
Invece
la discussione pubblica declina verso questioni di schieramento di ceto
politico, con l’uomo del dialogo che vuole allearsi con Renzi «perché
ha vinto le primarie» mentre chiede a D’Alema di farsi da parte perché è
«divisivo» e in pratica traccia il confine, tra chi è dentro e chi è
fuori. A volte non si capisce nemmeno tanto a nome di chi delimita il
campo, a volte l’investitura ricevuta da Bersani sembra la definizione
di una linea politica, salvo assistere al balletto delle smentite a
stretto giro. Dire «Non siamo alternativi al Pd, siamo sfidanti del Pd»,
aiuta poco a capire il che fare quando si passa al linguaggio delle
cose concrete che riguardano sia le politiche che gli interlocutori con
cui costruire una campagna elettorale.
Il delegato, il
coordinatore, il facilitatore Pisapia è il primo a sapere che quando ci
si investe di una funzione politica di primo piano a livello nazionale
bisogna esserne all’altezza e al servizio, innanzitutto parlando con
tutti. Laura Boldrini e Pietro Grasso, due figure istituzionali presenti
in questa fase del dibattito a sinistra, lo stanno facendo
testimoniando un impegno utile a parlare a un’opinione pubblica più
larga. Figure con autorevoli biografie, poco avvezze alla vita dei
vecchi partiti, circostanza che oggi al mercato elettorale vale quanto
una medaglia al valore.