il manifesto 25.10.17
Corbyn non celebra Balfour
Israele/Palestina.
Il leader laburista britannico ha scelto di boicottare le celebrazioni
previste il 2 novembre per i 100 anni dalla Dichiarazione Balfour con
cui Londra evocò un "focolare ebraico" in Palestina. L'Anp di Abu Mazen
minaccia di portare la Gran Bretagna di fronte ai giudici.
di Michele Giorgio
Jeremy
Corbin non sarà presente alla cerimonia organizzata a Londra per il 2
novembre dall’associazione “Amici d’Israele” in occasione dei 100 anni
della Dichiarazione Balfour. Il leader del Partito Laburista ha scelto
di non unirsi al premier britannico Theresa May, a quello israeliano
Benyamin Netanyahu e a 150 Vip nelle celebrazioni del documento che ha
segnato in profondità la storia del Medio Oriente contemporaneo. Quella
dichiarazione, con cui l’Impero coloniale britannico evocò un “focolare
ebraico” in Palestina, è da sempre respinta dai palestinesi e il
documento è ora oggetto di contestazioni legali da parte dell’Autorità
Nazionale (Anp) del presidente Abu Mazen. Immediate le polemiche
innescate da diverse organizzazioni ebraiche britanniche per il forfait
di Corbyn, già preso di mira per il suo sostegno esplicito alla causa
palestinese e accusato dagli avversari, anche nel partito, di essere un
“antisionista militante” se non addirittura un “antisemita”. Il capo dei
laburisti si mostra impermeabile alle accuse e conferma la sua assenza
alle celebrazioni del 2 novembre.
Due anni fa Corbyn attaccò la
Dichiarazione Balfour, parlandone come di un testo «confuso» , non
approvato dall’intero governo dell’epoca e neppure dai principali
rappresentanti della comunità ebraica britannica. Parole che, sussurra
qualcuno, hanno fornito suggerimenti legali ai palestinesi che da mesi
sono perentori: o la Gran Bretagna presenta le sue scuse per la
Dichiarazione Balfour o dovrà risponderne in Tribunale. L’ha ribadito,
ancora qualche giorno fa, il ministro degli esteri dell’Anp Riad al
Malki: «Andremo avanti con le procedure legali se la Gran Bretagna
insisterà nella sua posizione». Il mese scorso all’Onu Abu Mazen ha
bollato la Dichiarazione come una «storica ingiustizia», sicuramente da
non festeggiare. Per congelare il procedimento legale, i palestinesi
chiedono alla Gran Bretagna di scusarsi o di emettere una nuova
Dichiarazione a sostegno della proclamazione dello Stato di Palestina.
Londra invece ritiene che non debba scusarsi con nessuno e non ha
neppure replicato alla proposta avanzata dall’Anp.
I palestinesi
ripetono che nel 1917 il Segretario per gli affari esteri Arthur
Balfour, promise ad altri terra che non apparteneva agli inglesi,
aprendo così la strada alla nascita nel 1948 dello Stato di Israele in
Palestina. Il favore britannico verso il “focolare ebraico” fu messo
nero su bianco da Balfour e inviato a Lord Lionel Walter Rothschild,
esponente della comunità ebraica inglese di allora e legato al movimento
sionista. Secondo gli storici la Dichiarazione Balfour si inseriva nei
disegni fatti dalle potenze coloniali per la vasta area geografica che
per centinaia d’anni era appartenuta all’Impero Ottomano, in particolare
nello schema degli accordi di Sykes-Picot del 1916 con il quale Londra e
Parigi si spartirono il Medio Oriente. La Dichiarazione Balfour fece
parte nel 1920 a Sevres del Trattato di pace con la Turchia.