il manifesto 24.10.17
In Giappone Abe va, i suoi alleati no. E a sinistra torna l’unità
Il
voto di domenica. Il Rikken minshuto a sorpresa ora è il secondo
partito. Un risultato a galvanizzare l'opposizione contro la revisione
costituzionale in senso militarista
di Stefano Lippiello
In
Giappone si conferma Abe e perdono i suoi alleati. Dopo il voto di
domenica, nulla cambia numericamente per il Partito liberaldemocratico
(Jiminto) al governo, che resta a 284 seggi, tanti quanti ne aveva
prima. Arretrano però i suoi alleati in parlamento del Komeito. Si
riduce così la maggioranza, solo due seggi oltre la soglia necessaria
per promuovere le riforme costituzionali.
LE ELEZIONI DI DOMENICA
sono state una sorta di fiducia extraparlamentare chiesta da Abe agli
elettori per uscire dai vari scandali che avevano coinvolto lui e altri
membri del suo governo da inizio anno. Ora che l’esito è stato a suo
favore, Abe è proiettato verso un terzo mandato alla testa del partito e
punta ad essere il premier che guiderà il paese alle olimpiadi di Tokyo
2020 con una nuova costituzione.
La vittoria del Jiminto è stata
però amplificata dal sistema elettorale in larga parte uninominale, che
gli ha assegnato 218 collegi. Nei collegi dove il Partito comunista e il
Partito costituzionale democratico (Rikken minshuto) correvano uniti in
una sfida uno contro uno con il Jiminto è finita 13 a 13. Inoltre, in
molti dei collegi dove si sono divise, la somma dei voti delle sinistre è
stata superiore a quella del partito di Abe. Il Partito della Speranza
(Kibo no to) della governatrice di Tokyo Yuriko Koike – di centro-destra
– era stato dato come possibile favorito in seguito alla schiacciante
vittoria estiva nella capitale sul Jiminto. Ha però deluso molto in
campagna elettorale e il risultato del nuovo partito è stato sotto le
aspettative.
LA VERA SORPRESA è stata il Rikken minshuto, che ha
raccolto la sinistra liberale imponendosi come secondo partito, il primo
dell’opposizione. Il partito guidato da Yukio Edano, che ha svolto una
campagna elettorale molto seguita nelle piazze e sui social media, ha
visto eletti 55 dei suoi 78 candidati. Questo risultato «contro ogni
aspettativa», spiega il professor Koichi Nakano dell’Università Sophia,
«galvanizzerà l’opposizione alla revisione della costituzione».
IL
MODELLO A CUI LA SINISTRA guarda è la prefettura di Niigata. Sulla
mappa dei risultati elettorali è l’unico punto strappato
dall’opposizione lungo la costa ovest del Giappone, per il resto tutta
in mano al Jiminto: da Fukuoka a sud fino a Aomori a nord, passando per
Yamaguchi – lo storico bastione del Jiminto e base di Shinzo Abe.
A
Niigata era già suonato un campanello d’allarme per il Jiminto
esattamente un anno fa, con l’elezione di un governatore sostenuto dalle
opposizioni e oppositore della politica energetica nucleare del
governo.
In queste elezioni politiche la cooperazione delle
opposizioni ha dato i suoi frutti grazie a una partecipazione di 10
punti più alta del solito e vincendo così in una prefettura
tradizionalmente di destra – fu base elettorale del primo ministro
liberaldemocratico Kakuei Tanaka, figura chiave del dopoguerra e
travolto a suo tempo dagli scandali.
LA DIRIGENZA del Partito
comunista si è espressa su questa linea strategica di unità: quello che
conta al momento è la vittoria della democrazia nel lungo termine. Il
partito che ha fatto una campagna molto generosa ha subito un duro
colpo, però, perdendo ben 9 rappresentanti. Proprio per favorire il
fronte comune delle sinistre il Partito comunista aveva ritirato molti
suoi candidati nei collegi uninominali.
La partecipazione alle
elezioni è stata di poco superiore al 50%, il secondo peggior risultato
del dopoguerra. Per Nakano, però, il fatto che non sia scesa sotto la
metà degli elettori è da considerarsi comunque come un risultato in sé,
se si considera che si è votato mentre un tifone colpiva il paese e che
la formazione di due nuovi partiti all’ultimo minuto ha confuso gli
elettori. «Se il Rikken minshuto riuscirà a consolidare la sua posizione
e a lavorare sull’alleanza con il Partito comunista, il livello di
partecipazione potrebbe aumentare significatamene in futuro», conclude
Nakano.
LE RIFORME COSTITUZIONALI in senso militarista sono
l’obiettivo di Abe per lasciare il suo marchio nella storia del paese.
Non gli sarà comunque facile. Gli alleati del Komeito e alcune fazioni
interne al suo partito vogliono coinvolgere l’opposizione, che è in
parte condiscendente come nel caso del Kibo no to, ma che è in larga
parte saldamente ancorata alla clausola costituzionale di pace. Se anche
il procedimento si attivasse, Abe dovrebbe passare poi per un
referendum popolare dall’esito tuttora incerto.
Se per il momento
nulla cambia per il Jiminto di Abe, qualcosa cambia in Giappone.
L’opposizione di sinistra ha riscoperto la forza e l’unità e si prepara
alla battaglia per la costituzione e per la pace.