il manifesto 19.10.17
Raid nelle sedi dei media palestinesi, altre 2600 case per i coloni
Cisgiordania.
Pugno di ferro di Israele nei Territori occupati dopo l'annuncio del
governo Netanyahu che non negozierà con un governo palestinese con
all'interno il movimento islamista Hamas.
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Arresti notturni in Cisgiordania, migliaia di nuove case per coloni,
demolizioni di abitazioni a Gerusalemme Est e raid dell’esercito nelle
sedi di organi d’informazione palestinesi. Tutto nel giro di poche ore.
Notizie che certo non rappresentano una novità nei Territori palestinesi
che Israele occupa del 1967. Tuttavia questa escalation potrebbe essere
collegata alla decisione del governo Netanyahu di far uso del pugno di
ferro contro la riconciliazione tra il movimento islamista Hamas e il
partito Fatah. L’altro giorno è passata nell’esecutivo israeliano la
linea del ministro ultranazionalista Naftali Bennett che aveva chiesto
di dare una risposta forte all’accordo al Cairo tra le due principali
forze politiche palestinesi divise per dieci anni da uno scontro
devastante. Il premier Netanyahu che, secondo gli analisti aveva
inizialmente scelto una posizione più prudente, ha deciso che il suo
governo non negozierà con quello palestinese se al suo interno ci sarà
anche Hamas del quale è tornato a chiedere il disarmo. «Le decisioni del
gabinetto israeliano sono una scusa per arrivare a un punto morto»
denunciano i palestinesi. Il «no» di Netanyahu al negoziato con il
futuro governo di unità nazionale avrebbe lo scopo, aggiungono, di
aprire la strada al “piano di pace” dell’Amministrazione Trump che,
secondo le indiscrezioni, propone la soluzione della questione
palestinese nel quadro di una trattativa tra Paesi arabi e Israele.
Sono
1.323 i nuovi alloggi che saranno costruiti per i coloni israeliani
nella Cisgiordania occupata, dove ieri un palestinese avrebbe tentato di
accoltellare un soldato israeliano ma è stato bloccato e ferito. Un
numero che porta, in appena tre giorni, a 2.646 il totale delle nuove
unità abitative negli insediamenti coloniali, rivela l’organizzazione
pacifista Peace Now. A questi appartamenti si aggiungono i 31 approvati
lunedi, per la prima volta dal 2002, per i coloni nella città di Hebron.
Una colata di cemento che non turba il leader dell’opposizione
laburista Avi Gabbai che a inizio settimana aveva escluso l’evacuazione
anche di una sola colonia nel quadro di un accordo di pace. Poi ha fatto
una parziale retromarcia. Invece vengono demolite subito le case
palestinesi “illegali” nei territori sotto occupazione. Tra martedì e
ieri le ruspe del comune israeliano di Gerusalemme hanno trasformato in
un cumulo di macerie un edificio nel quartiere di Beit Hanina e due
abitazioni a Silwan. «Ai palestinesi vengono rilasciati pochi permessi
edilizi mentre dal 1967 i governi di Israele sono stati coinvolti nella
costruzione a Gerusalemme Est di 55mila case per israeliani contro le
600 per i palestinesi», ricorda Daniel Seidemann di “Terrestrial
Jerusalem”. L’Onu riferisce che dall’inizio dell’anno sono stati
demoliti a Gerusalemme 116 edifici palestinesi.
Sarebbero parte,
secondo il portavoce militare israeliano, di una operazione
dell’Esercito contro «l’istigazione alla violenza e al terrorismo» i
raid compiuti martedì notte negli uffici di otto redazioni
giornalistiche palestinesi a Betlemme, Nablus, Ramallah e Hebron, città
che ufficialmente sono sotto la piena autorità, anche di sicurezza,
dell’Anp di Abu Mazen. I soldati hanno sequestrato computer, documenti,
filmati, registrazioni audio negli studi di Pal Media, Ram Sat, Trans
Media, Al Quds, Al Aqsa, Palestine Alyoum e di altre due emittenti. «È
stata una brutale aggressione. L’occupazione israeliana vuole prevenire
la copertura mediatica delle atrocità che compie», ha protestato il
portavoce dell’Anp, Yousif Mahmoud. Immediata la replica dell’Esercito:
«Le forze di sicurezza continueranno a lavorare contro l’incitamento al
terrorismo». Da Londra la Commissione di sostegno ai giornalisti
(Journalist Support Committee) ha condannato i raid, sottolineando che
sono 33 i reporter palestinesi nelle prigioni israeliane, gli ultimi
due, arrestati ieri, sono i fratelli Amer e Ibrahim al Jaabari di Trans
Media. Nelle stesse ore sono stati arrestati altri 16 palestinesi.