il manifesto 14.10.17
«Riconciliazione a metà, accordo solo sul governo di Gaza»
Fatah/Hamas.
Intervista all'analista Ghassan Khatib: «Uno scambio, Hamas voleva
liberarsi dell'incombenza del governo di due milioni di palestinesi,
l'Anp ora può affermare di aver ripreso il controllo di Gaza. I nodi
veri sono stati congelati. Israele condanna ma trae vantaggio
dell'accordo»
di Michele Giorgio
GERUSALEMME Si
continua, tra proclami di approvazione e non pochi interrogativi, ad
analizzare l’accordo che ha messo fine allo scontro tra Fatah e Hamas e
che consentirà all’Autorità nazionale palestinese di riprendere il
controllo di Gaza. Al centro della discussione ci sono inoltre gli
interessi di Egitto, Israele e Stati Uniti. Ne abbiamo parlato con
Ghassan Khatib, analista politico e docente di scienze politiche
all’Università di Bir Zeit, in Cisgiordania.
Chi tra Fatah e Hamas ci guadagna di più dall’accordo firmato due giorni fa al Cairo con la mediazione egiziana
Si
tratta di uno scambio. Hamas voleva liberarsi dell’incombenza del
governo di due milioni di palestinesi, un compito arduo che è costato
parecchio in termini di consenso popolare al movimento islamico. Da
parte sua l’Autorità nazionale palestinese ora può affermare di aver
ripreso il controllo di Gaza rimasta sotto Hamas per dieci anni. In
termini pratici ci guadagna la popolazione perché l’estensione
dell’autorità del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) potrebbe
interrompere il boicottaggio di Gaza da parte dei governi occidentali e
riaprire i rubinetti dei finanziamenti necessari per la ricostruzione
della Striscia tre anni dopo l’offensiva israeliana Margine Protettivo.
Sul piano umanitario è un passo in avanti. Ma sul piano politico l’accordo è davvero una svolta nei rapporti tra Hamas e Fatah.
A
mio avviso no. Certo un progresso è stato fatto ma sulla sicurezza, la
costruzione di una nuova Olp e anche sulla convocazione di nuove
elezioni legislative e presidenziali, non credo che Hamas e Fatah
possano andare oltre. La riconciliazione è parziale.
Quindi niente elezioni
Non
penso che presto, come si dice, ci saranno elezioni. Ho letto il testo
dell’accordo e l’unica cosa sulla quale hanno trovato un’intesa è il
ritorno dell’amministrazione di Gaza al governo del premier Rami
Hamdallah. Hamas e Fatah dicono che continueranno a negoziare e ciò
conferma che l’accordo riguarda solo la gestione civile di Gaza. Sugli
altri nodi le possibilità di successo sono minime, quasi nulle. Le due
parti di fatto li hanno congelati a tempo indeterminato.
E questo riguarda anche le armi di Hamas e il suo braccio militare, le Brigate Ezzedin al Qassam.
Soprattutto
quel punto. Quando il presidente Abbas ha proclamato che non accetterà
una doppia sicurezza a Gaza, quindi un ruolo per la milizia di Hamas,
l’ha fatto solo allo scopo di inviare un messaggio ai governi
occidentali che lo sostengono. Di fatto ha accettato una situazione a
Gaza simile a quella del Libano, dove convivono l’esercito regolare e
l’ala armata del movimento sciita Hezbollah. Penso che Hamas puntasse
proprio a questo obiettivo quando (il mese scorso) ha avviato il
riavvicinamento a Fatah. Attenzione. Abbas si è lasciato una via
d’uscita. Se le cose dovessero mettersi male per lui potrebbe sempre
fare retromarcia sull’accordo, proclamando che Hamas si è rifiutato di
disarmare la sua milizia, cosa che ora accetta tacitamente. Quindi
dall’inizio di dicembre il governo dell’Anp comincerà ad operare a Gaza e
le forze militari di Hamas rimarranno dove sono, anche se lasceranno a
3mila poliziotti fedeli ad Abbas la gestione degli affari quotidiani
nella Striscia.
Dovesse esserci una guerra, un nuovo attacco
israeliano contro Gaza chi deciderà se rispondere sparando razzi o
lanciando azioni armata, Abbas o il leader di Hamas Ismail Haniyeh.
I comandi di Hamas, non c’è alcun dubbio.
Eppure Hamas dice che, in un caso di guerra con Israele, non deciderà più da solo.
Questa
disponibilità a parole serve ad evitare che l’accordo del Cairo possa
saltare. I palestinesi sono consapevoli che Hamas deciderà sempre da
solo se e come usare le sue armi.
Quanto questo accordo è
finalizzato, come lasciano intendere gli egiziani, ad aprire la strada
ad soluzione della questione israelo-palestinese e del conflitto
arabo-israeliano, sulla base, dicono altri, del “piano di pace” che
starebbe per annunciare l’Amministrazione Trump.
Non c’è un vero
piano americano, Trump non ha alcun interesse a mettere a rischio i
rapporti con Israele per realizzare i diritti dei palestinesi. E
l’Egitto vuole soltanto garantirsi la collaborazione dei palestinesi di
Gaza nella lotta contro i jihadisti nel Sinai.
Israele condanna ma non si oppone sul serio all’accordo Fatah-Hamas. Perché?
Perché
ha tutto da guadagnarci. La tensione, il peggioramento delle condizioni
di vita a Gaza, l’inquinamento del mare causato dalla mancanza di
elettricità nella Striscia e molte altre cose, sono indirettamente un
problema per Israele. (Il premier) Netanyahu non cerca, almeno per ora,
l’escalation. Vuole che i palestinesi di Gaza se ne stiano buoni e ben
chiusi nel loro territorio. L’estensione dell’autorità dell’Anp perciò
non può che soddisfarlo.