il manifesto 12.10.17
Fiducia, Renzi logora Gentiloni
Legge
elettorale. Il segretario del Pd scarica sul potenziale rivale la
responsabilità dello strappo sul Rosatellum: è discutibile, a me la
questione non appassiona. Passano con il minimo dei voti le prime
fiducie alla camera. Tra stasera e domani il voto finale a scrutinio
segreto. Ma i grillini spostano la battaglia al senato: bloccheremo
l'aula. Ci sarà anche Napolitano
di Andrea Fabozzi
ROMA
«La fiducia è prevista dal diritto parlamentare. Si può discutere
dell’opportunità, io non sono particolarmente appassionato al tema. Il
Rosatellum non è la nostra legge elettorale, è solo un po’ meglio del
Consultellum». Non parla il presidente il Consiglio che ha messo la
fiducia sulla legge elettorale, parla il segretario del Pd che lo ha
spinto a farlo. Nel silenzio prolungato di Gentiloni, Renzi incassa
subito i bonus che accompagnano la fiducia. Il governo si è logorato ed è
più difficile ipotizzare un finale lungo della legislatura; il
presidente del Consiglio ha improvvisamente perso quel patrimonio di
pacatezza e moderazione che ne faceva un possibile leader non divisivo.
Per
il segretario Pd sono due ottimi vantaggi collaterali del Rosatellum,
una legge studiata per rovesciare i sondaggi e consentire a Pd e
centrodestra di scavalcare il Movimento 5 Stelle. Rendendo più facili le
larghe intese post voto tra Renzi e Berlusconi.
A questo punto
manca poco per il bersaglio grosso del segretario, ma è ancora presto
per dire che la missione legge elettorale è compiuta. Al senato si
annunciano passaggi più difficili e giornate anche più incandescenti.
Con
il governo praticamente assente dall’aula (solo un sottosegretario), a
sottolineare l’entusiasmo dell’esecutivo, ieri la camera ha votato le
prime due fiducie sul testo del Rosatellum. Entrambe sono passate con un
quasi record negativo: 307 sì la fiducia sull’articolo 1 e 308 sì la
fiducia sull’articolo 2. In dieci mesi il governo Gentiloni ha fatto
peggio una sola volta, a fine luglio sul decreto vaccini. Forza Italia e
Lega non hanno partecipato al voto ma torneranno provvidenzialmente in
campo per il voto finale previsto a scrutinio segreto.
I numeri
delle fiducie, per quanto bassi, non autorizzano a farsi illusioni
sull’eventualità che la legge venga affondata. Le votazioni di oggi già
scontano una quota di deputati Pd dissidenti che non hanno risposto alla
chiama (Cuperlo, Pollastrini, Monaco) e solo Rosi Bindi ha annunciato
il suo no nel voto finale.
Franchi tiratori ce ne saranno
sicuramente in tutti i gruppi, anche in quello dei democratici. Ma per
avere successo dovrebbero essere un centinaio, visto che oltre cento
voti in più sono quelli annunciati tra berlusconiani, salviniani e
piccole formazioni di centrodestra.
Stamattina si comincia con la
terza fiducia sul terzo articolo della legge elettorale, poi dal
pomeriggio gli emendamenti agli articoli 4 e 5, non coperti dalla
fiducia perché considerati dalla maggioranza pro Rosatellum non esposti
alle rischiose votazioni segrete.
Almeno un emendamento, però, ed è
l’unica modifica che il relatore concede all’aula, sarà approvato per
correggere una norma del voto all’estero – non quella che d’ora in poi
consentirà anche i residenti in Italia di candidarsi nelle
circoscrizioni estere (pare interessi a Verdini). Gli ordini del giorno e
le dichiarazioni di voto finali allungheranno di certo i lavori fino a
sera. I grillini vorrebbero arrivare a venerdì e hanno organizzato una
veglia di protesta al calar del sole.
Sono già occasioni di
campagna elettorale, generosamente offerte dal Pd. Dal punto di vista
pratico non cambia nulla, visto che la legge arriverà comunque in prima
commissione al senato martedì prossimo. E da lì partirà una nuova corsa.
La
maggioranza al senato è più ristretta, ma comunque con Forza Italia e
Lega sufficientemente solida. Non sono previsti voti segreti, con
l’eccezione di quelli sulle norme che riguardano minoranze linguistiche –
una di queste però è proprio il famoso emendamento sul Trentino Alto
Adige che ha affondato il «Tedeschellum» a giugno. La fiducia si
giustifica soprattutto con la volontà del Pd di approvare
definitivamente la legge prima dell’inizio della sessione di bilancio (i
primi di novembre).
Una o più fiducie potrebbero essere
presentate come la reazione al prevedibile ostruzionismo della sinistra e
dei 5 Stelle. Soprattutto i grillini già annunciano l’intenzione di
bloccare l’aula di palazzo Madama (prima di tutto c’è la legge sui
vitalizi, dicono, stravolgendo completamente le priorità della
maggioranza). Avranno maggiori margini di intervento visto che in questo
caso la discussione parte da zero e non ha i tempi contingentati della
camera.
C’è anche Giorgio Napolitano che annuncia un intervento
polemico sulla norma che prevede l’indicazione del capo della forza
politica, norma che adesso lo vede contrarissimo. L’ex presidente è
contrario anche alla fiducia, che pure incoraggiò ai tempi
dell’Italicum. Se non ci sarà discussione in aula, Napolitano potrebbe
intervenire in commissione.
Per Renzi è ormai un avversario
dichiarato e ieri, senza citarlo, lo ha attaccato per quello che disse
contro il «Tedeschellum». Dimostrando una volta di più di appassionarsi
alla legge elettorale.