sabato 7 ottobre 2017

Il Fatto 7.10.17
La banalità dell’assassino in tv: Pietro Maso non ha nulla da dire
26 anni dopo la strage - Maurizio Costanzo prepara l’intervista scoop. Ma l’uomo che uccise i suoi genitori offre soltanto silenzi e cliché
di Selvaggia Lucarelli

C’è una cosa che mi ha lasciata più basita dell’omicidio commesso da Pietro Maso. È l’intervista di Maurizio Costanzo a Pietro Maso. Un’intervista annunciata con clamore perché “è la prima volta di Maso in tv”.
Perché, come dichiarato Costanzo, “voglio dargli una seconda possibilità”.
Quella seconda possibilità che con la sua memorabile intervista della serie “mannaggia a te birichino che non sei altro”, concesse anche a Fabrizio Corona, lo scorso anno. Cinque mesi prima che tornasse dritto dritto in carcere.
Per descrivere l’abisso di bruttezza di questa intervista bisogna partire dalla costruzione.
Come in tutte le interviste da Costanzo, le domande sono intervallate da momenti musicali durante i quali, nei monitor alle spalle, appaiono delle frasi e delle immagini dell’ospite. Il problema è che la scelta musicale era leggermente didascalica. Si andava da Mama, just killed a man! (Bohemian rhapsody) a Money for nothing, roba che mancavano Killing me softly e Hanno ucciso l’uomo ragno e le canzoni a tema omicidio se l’erano giocate tutte.
Le scritte poi, si leggevano male, le inquadrature erano inspiegabilmente dal basso, per cui a un certo punto sembra che Costanzo intervistasse un calzino blu filo di Scozia, e infine, Costanzo, aveva un grosso problema: è più facile tirar fuori un congiuntivo da Luigi Di Maio che un qualcosa di interessante da quest’uomo. Il primo vero mistero infatti è cosa contenga il suo libro, naturalmente in promozione a favore di telecamera, perché in un’ora di intervista, il parlato di Maso, sarà stato in tutto massimo 4 minuti. O in quel libro ci sono le ricostruzioni dell’omicidio in 198 vignette spalmate su 200 pagine, o il suo ghostwriter è Tolstoj.
La prima domanda di Costanzo, tanto per entrare subito in argomento, è stata: “Dove ha preso ’sto sole?”. “In comunità, faccio il giardiniere!”. Bene. E questa è stata anche la risposta più esaustiva della serata. “Lei come si sente adesso?”. “Io mi vedo una persona come tante”. Certo, il classico vicino che salutava sempre. Poi aggiunge che non ha più corazze, che è se stesso e tutti quei grandi classici a cui manca solo “sono una ragazza semplice”. Costanzo capisce che se non parla lui, per riempire un’ora di intervista deve ballare Despacito facendo un trenino con la prima fila, quindi decide di improvvisarsi il Freud dei Parioli: “La invito a liberarsi di ogni peso qui stasera, (…) si fanno molti sbagli nella vita, certo… il suo è uno sbaglio un po’ più forte”, roba che se uno non sapesse di cosa si sta parlando, penserebbe a un parcheggio sul marciapiede. A un maglione blu elettrico su pantalone verde muschio. Comunque. Costanzo, gli va dato atto, non si scoraggia.
Altra clip sulla sua infanzia. Si era ammalato, fino a 4 anni non parlava, di quegli anni ricorda la sua stanza da bambino, più che altro. “Lei durante l’infanzia ha avuto la meningite… capisco… se non ci fosse stato l’incidente sarebbe giustificabile…”. E certo, se non avesse incidentalmente preso a bastonate i genitori, questa personalità borderline sarebbe comprensibile per via dell’infanzia difficile, per via della meningite. Bebe Vio è il classico esempio di quella negatività che ti lascia addosso la malattia. Cupa, negativa, introversa. Come no.
“Lei è andato al cimitero?”. “No, ci devo andare!”. “Che voleva fare da grande?”. “Niente, volevo divertirmi”. “Ha rubato molto?”. “Sì”. Costanzo vacilla. Sarebbe capace di emettere più suoni il suo comodino in betulla che l’ospite esclusivo.
Allora, per occupare qualche minuto di trasmissione, ritorna il Freud dei Parioli. “Perché non piange? Lei rimane attonito, questo è sintomo di sgomento, di paura, io una psicanalisi la invito ad affrontarla, lei si deve liberare Pietro…”. Ora, a parte che l’ultima volta che s’è liberato s’è preso 30 anni di galera, quindi io l’inviterei a trattenersi, al limite, ma il bello arriva dopo, quando Costanzo riesce a fargli l’unica domanda di reale interesse in un’ora di programma: “Mi faccia capire il percorso mentale di lei che ha 25 milioni di debiti e uccide i genitori. Perché?”. Silenzio. Attimi di pathos. A Maso trema il labbro. Costanzo ha la parola “scoop” che gli lampeggia sulla fronte. Il pubblico con le mascelle spalancate e…: “È l’unica risposta che non ho mai trovato in me”. Fine. Allora si passa all’argomento droga, che Maso ha consumato in quantità uscito dal carcere. Qui Costanzo parla a Maso, un uomo di 46 anni, come a un bambino che ha mozzato la coda a una lucertola: “E la smetta cacchio… a parte che costa, poi sono cose che uccidono! Lo faccia per sua madre e suo padre che sono qui mannaggia… lei ha pure il passaporto che cacchio se mette appjjà la droga!”. Ora, a parte che Costanzo e Maso hanno deciso che i poveri genitori stavano lì in teatro in veste di ectoplasmi, non si capisce bene perché il passaporto dovrebbe essere un deterrente per l’utilizzo della droga. Molti narcotrafficanti non sarebbero d’accordo, diciamo.
Costanzo lo invita infine a piangere un altro paio di volte, ma niente, lui ha una corazza, dice.
L’intervista a quel punto comincia ad avvitarsi su se stessa, quindi Costanzo manda un’altra clip, quella sulla sua ex moglie Stefania. Maso, che non aveva pianto manco di fronte alla foto dei genitori, inizia a piangere come un agnellino, ma non perché di ’sti genitori non gliene freghi nulla, no no, è la corazza. “È vero che voleva ammazzare le sue sorelle?”. “Sì, ma è la doppia personalità, l’altro Pietro”. “Che ricordi ha del massacro?”. “Nulla, era il narcisismo”. Insomma, a un certo punto le risposte di Maso parevano i bigliettini della fortuna e il tempo è scaduto. “Io le auguro di convincersi che l’amore non è un sentimento negativo, Pietro. Daje! Sipario!”.
E buona camicia a tutti. Di forza, però.