Il Fatto 5.10.17
La lista unica non c’è più: Pisapia incolpa D’Alema
Il partito insieme agli ex Pd è un ricordo: “È divisivo, faccia un passo di lato”
di Tommaso Rodano
All’improvviso
Giuliano Pisapia pronuncia una parola chiara: “Massimo D’Alema dovrebbe
fare un passo di lato”. Dopo macchinose riflessioni, retroscena,
smentite e contro-smentite, l’ex sindaco di Milano esprime una posizione
comprensibile e definitiva, se non altro: lui D’Alema non lo vuole. Il
pretesto sono le dichiarazioni del “leader Massimo” la sera prima, al
programma della Berlinguer: “Con il governo abbiamo mani libere, tanto
lo sostiene già Berlusconi”.
Nel percorso ormai quasi comico che
avrebbe dovuto portare a una lista unica della sinistra, significa
un’altra svolta negativa. Appena due giorni prima, Pisapia guidava la
delegazione di Mdp-Articolo Uno (il movimento fondato anche da D’Alema)
all’incontro con Gentiloni per presentare le richieste comuni sul Def.
Un fatto importante, dicevano gli ex Pd. Ieri mattina, invece, riecco
l’incidente: l’ex sindaco risponde alle domande di Jean Paul Bellotto e
Massimo Giannini su Radio Capital. Nega strappi o rotture con Mdp, ma di
fatto sancisce quella definitiva con una delle sue figure carismatiche:
“D’Alema è divisivo, come Renzi”, in Mdp “ci sono posizioni
profondamente diverse”, insomma “D’Alema faccia un passo di fianco”.
La
sortita di Pisapia produce una nuova crisi di nervi tra gli ex Pd,
nelle ore in cui erano impegnati nello strappo definitivo con la
maggioranza di Gentiloni. Le agenzie di stampa battono il fuoco di fila
dei dalemiani di Mdp. Il primo è il deputato Danilo Leva: “Basta con
questi continui attacchi personali a D’Alema. Questa è una fase per noi
delicata e Pisapia ha la responsabilità maggiore di favorire un clima
unitario e costruttivo”. Per l’ex ministro Flavio Zanonato, oggi
eurodeputato di Mdp, l’attacco di Pisapia è “sconcertante” ed “è
arrivata, anche per lui, l’ora di scegliere con chi stare e cosa fare”.
Secondo l’altro parlamentare europeo Massimo Paolucci, “di questa storia
non se ne può più”.
A Roberto Speranza, come di consueto, spetta
il compito di spegnere l’incendio. È duro, a modo suo: “Non possono
prevalere i personalismi, non ci possono essere veti”, afferma in
un’intervista al Corriere.it. Poi concilia: “D’Alema e Pisapia sono
molto più complementari di quello che possa apparire, possono stare
naturalmente insieme”.
Alla telenovela tra Pisapia e i bersaniani
assistono, da fuori, i presunti contraenti del patto per la sinistra
unita. Pippo Civati la butta a ridere e pubblica un video in cui
annuncia ironicamente l’accordo sulla lista unica: “Il video celebrativo
l’abbiamo fatto. Ora manca solo l’unità della sinistra”.
Nicola
Fratoianni, leader di Sinistra italiana, si dice stanco della commedia
delle parti e si limita a una battuta: “È curioso che sia Pisapia a dire
che gli altri sono divisivi”. Poco dopo arriva un tweet di Nichi
Vendola, sulla stessa falsariga: “Ha ragione Pisapia: D’Alema è
divisivo, divide la sinistra dalla destra. Per Pisapia è sufficiente
dividere la sinistra”. L’ex sindaco replica subito: “Si può cambiare
idea, ma non dimenticare: hai governato la Puglia in variegata
compagnia. A Milano non c’era destra in giunta” (si riferisce
probabilmente ai montiani imbarcati da Vendola quando era governatore
pugliese).
Tra motti di spirito e risentimenti personali, l’idea
di un partito “Insieme”, come doveva chiamarsi quello di Pisapia con
Speranza, Bersani e D’Alema, sembra seppellita del tutto. E senza
eccessivi rimpianti. I pontieri di Mdp predicano pazienza, bisogna
aspettare le elezioni siciliane – Pisapia s’illude che Renzi ne esca
molto indebolito, e il Pd torni contendibile – e soprattutto la legge
elettorale. Le cose poi verranno da sé: con il Rosatellum l’alleanza con
il Pd renziano è impossibile, ha detto lo stesso Pisapia non più tardi
di domenica scorsa. Ma pure con il Consultellum in vigore adesso,
qualche forma di collaborazione elettorale a sinistra sarebbe obbligata
dai fatti, e dal residuo spirito di sopravvivenza di chi rischia di
scomparire dal Parlamento. Di certo, lo spettacolo offerto negli ultimi
mesi non contribuisce alla futura prosperità elettorale.