Il Fatto 28.10.17
Marilyn, Castro e il 2° uomo. Solo nuovi misteri su JFK
Nei documenti desecretati sulla morte del presidente
di Leonardo Coen
Chi
uccise davvero Kennedy? Dai 2891 documenti desecretati del National
Archives di Washington, su input di Donald Trump, emergono dettagli che
potrebbero riscrivere la più oscura delle pagine di storia degli Stati
Uniti. Cominciando dall’inizio: ad assassinare il presidente Usa non
sarebbe stato Lee Harvey Oswald bensì un agente di polizia, J.D. Tippit.
Che però non potrà mai difendersi: l’hanno freddato 53 anni e 11 mesi
fa a colpi di pistola nella East 10th street di Oak Cliff, periferia di
Dallas. Per la precisione, 45 minuti dopo l’attentato a Kennedy sulla
Dealy Plaza della capitale texana: era il 22 novembre 1963.
Furono
12 i testimoni del delitto Tippit. Vennero identificati e rilasciarono
le loro testimonianze: 8 riconobbero o credettero di riconoscere Oswald
nel killer, sia durante i confronti sia con l’ausilio di foto
segnaletiche. Questo era risaputo. Ma non che Oswald e Tippit si fossero
incontrati in un night-club di Jack Ruby, giusto una settimana prima
dell’assassinio di Kennedy. Ruby, legato alla mafia locale, avrebbe poi
ucciso Oswald nei sotterranei della polizia di Dallas: ora pare sempre
più probabile che Ruby gli voleva tappare la bocca. Altro dettaglio
significativo: fu John Edgar Hoover, l’onnipotente direttore dell’Fbi,
ad interrogare personalmente Ruby che negò ogni legame con gruppi
organizzati.
In un altro file della Cia, si segnala che l’MI-5, il
servizio di sicurezza britannico, avrebbe registrato alle 18 e 05 Gmt
del 22 novembre “una telefonata anonima fatta a Cambridge, Inghilterra,
al senior reporter del Cambridge News. La persona al telefono disse solo
che il giornalista avrebbe dovuto chiamare subito l’ambasciata Usa a
Londra per alcune grosse notizie, e attendere”. Il documento è stato
stilato da residenti londinesi della Cia e inviato come informativa al
direttore dell’Fbi. 25 minuti dopo quella misteriosa telefonata, Kennedy
viene sparato a Dallas.
Le coincidenze sono troppe, e troppo
inquietanti. La stessa Cia aveva seguito i movimenti di Oswald e le sue
attività. Era stato in Messico e lì aveva incontrato intermediari
sovietici e cubani. L’avevano persino intercettato – lo riporta uno dei
tanti “memo” a lui dedicati e scritti a mano – mentre tentava di parlare
“in un russo stentato” con Valerij Vladimorovich Kostikov, console ma
soprattutto spia del Kgb.
Quanto a Oswald, l’Fbi aveva ricevuto
soffiate sulla possibilità che il presunto assassino del presidente
sarebbe stato messo a tacere per sempre. Il capo della polizia di Dallas
fece finta di nulla. In una trascrizione, Hoover riferisce che la sera
prima all’ufficio dell’Fbi di Dallas arrivò una telefonata: un uomo,
dalla voce calma, aveva detto di far parte di un gruppo organizzato per
uccidere Oswald. L’Fbi allertò la polizia. Inutilmente.
Si capisce
perché Mike Pompeo, il direttore della Cia, abbia dichiarato di essere
“furiosamente” contrario a rendere pubblici questi file (e ne restano in
cassaforte altri 300). Perché, comunque, svelano l’altra faccia
dell’America: dalle indagini su Marilyn Monroe e il suo flirt con
Kennedy, al piano Mangusta per far fuori Fidel Castro, agli intrighi di
potere. La Guerra Fredda è il fondale dell’inchiesta. In un rapporto di 7
pagine (2 dicembre 1966) Hoover, capo dell’Fbi, sottolinea come l’Urss
ipotizzasse una cospirazione “organizzata dall’ultradestra Usa per fare
un colpo di Stato”. Lo pensava anche la stragrande maggioranza degli
americani che all’origine dell’assassinio di Kennedy ci fosse stato un
complotto e che Oswald non fosse l’unico responsabile, contrariamente
alla conclusione della Commissione Warren. Chi l’ha ucciso, secondo
Mosca, spiega Hoover, vuole “utilizzare l’assassinio e lo spirito
anticomunista per fermare i negoziati con l’Urss, attaccare Cuba e
avviare una guerra”.
Ipotesi ragionevole. Ma avrebbe sconquassato
il Paese e il mondo. Meglio dare la colpa a un uomo solo. I documenti
dimostrano quanto Hoover abbia giocato il ruolo del burattinaio
nell’inchiesta: “Ciò che preoccupa è scovare qualcosa in grado di
convincere il pubblico che Oswald è il vero assassino”. Lo scrive il 24
novembre del 1963, nemmeno un’ora dopo la morte di Oswald, così
agevolmente ucciso da Ruby. Chi erano i mandanti? I documenti non lo
spiegano.