Il Fatto 21.10.17
Il treno di Renzi in fuga dal voto siciliano
di Pietrangelo Buttafuoco
Matteo
Renzi col suo convoglio ferroviario è dappertutto fuorché in Sicilia
dove pure è in corso una campagna elettorale. Cento e rotti sono le
province da visitare. Non però tra i ciuri-ciuri.
Niente Sicilia.
Treno per l’Italia è. Non certo un Ferribotte a uso di Cariddi. La fine
corsa è a Scilla. Ed è significativo tutto ciò. Da un lato rivela quanto
al capo del Partito democratico possa fottergliene di Palermo e della
Trinacria tutta, dall’altro – furbo, anzi, furbastro – pensa di farla
franca di fronte alle sue precise responsabilità.
Una su tutte,
andare a spiegarsi con i cittadini siciliani dopo lo sciagurato governo
di Rosario Crocetta, il pupillo di tutte le Leopolde, il campione dei
campioni del renzismo fatto cassata, il capo branco della potentissima
congrega degli illusionisti capaci – come sono stati capaci – di
buggerare perfino i disabili, quelli strenuamente difesi da Pif sul
piazzale del Palazzo della Regione.
Spiegarsi e spiegare, dunque,
quella che per il suo partito non sarà certo una sconfitta, piuttosto
una disfatta. E fa bene Fabrizio Micari, a questo punto, a sposarsi
dieci giorni prima delle elezioni regionali. Il candidato di Renzi alla
presidenza della Regione siciliana – il rettore dell’università di
Palermo e nulla più – convola a nozze nel bel mezzo della campagna
elettorale. E così, povero figlio, visto che non potrà certo chiedere ai
siciliani di sottoscrivere la lista nozze presso il seggio, nella
cabina elettorale, almeno un festino potrà averlo.
Renzi avrà di
certo la bomboniera, intanto fa ciao ciao dal finestrino assaporando il
paesaggio di un’Italia accondiscendente – quella delle sue truppe
cammellate – ma non glielo porta il suo trenino, oltre lo Stretto.
Peccato,
però, c’è pur sempre il suo più che proclamato Ponte di Messina ad
accoglierlo. Dovrà varcarlo prima o poi e così “asfaltare” Beppe Grillo
che quel braccio di mare, arretrato com’è, se lo fa a nuoto. Nella
Sicilia dove non arrivano i treni, Renzi, potrebbe costeggiare la
Messina-Catania. Giusto quella dove ancora non si smuove la frana che ha
cancellato la carreggiata. Ancora meglio potrebbe sferragliare sulle
rotaie che inseguono la Palermo-Catania. È l’arteria stradale dove
s’inginocchiò il pilone – la via rotta che spezzò in due la Sicilia –
giusto dove lui, dopo più di un anno, ebbe a fare la scena di riaprire
al traffico la corsia superstite al crollo. Con tanto d’inaugurazione.
Spacciando per aggiustata la parte che non s’era mai sfasciata.
Ci
sono quindi le delicatissime e importantissime elezioni regionali e il
segretario del partito attualmente al governo se la fa alla larga
ravanando per distrarre – in nome di “un potere più forte”, per dirla
con le parole del notista di Repubblica Stefano Folli, “di quello
esercitato da Gentiloni e Mattarella” – tutto un repertorio di banalità
ad alto tasso glamour.
La propaganda di sua renzità – il Treno per
l’Italia – è tutta fuffa in attesa del ritorno di tutti i giochi
consociativi, è tutta panna per il giornalismo corrivo, è la cosiddetta
narrazione de #italiacambiaverso. Appunto, sì. Il cambia verso. Per
voltare le spalle per sempre alla Sicilia.