sabato 21 ottobre 2017

Il Fatto 21.10.17
La mozione del Pd anti-Bankitalia scritta dalla Boschi
Conflitto di interessi - Il testo, mai discusso in nessuna sede ufficiale, non è uscito dall’ufficio legislativo del gruppo, ma da Palazzo Chigi
di Marco Palombi

Secondo Banca d’Italia quella famosa mozione che ha schierato il Parlamento contro il governatore della Banca d’Italia è “una vendetta per Banca Etruria”. Non lo dicono solo le fonti di Palazzo Koch, al solito anonime, lo grida anche il pezzo uscito ieri sul Corriere della Sera che racconta di come Ignazio Visco segnalò le “molte anomalie” dell’istituto toscano a pochi mesi dalla sua nomina ai vertici della banca centrale.
È una vendetta, insomma, dell’inner circle renziano per il tracollo di Etruria e la figuraccia che ha affossato il consenso del governo Renzi e trasformato Maria Elena Boschi (il cui padre era vicepresidente della banca aretina) da madrina delle riforme costituzionali a emblema del conflitto d’interessi: le sue mosse “informali” per salvare la banca da ministro, le sue ingerenze nella gestazione e nell’iter parlamentare delle leggi riguardanti il mondo del credito, la sua pubblica difesa dell’operato di suo padre (va ricordato: multato due volte da Bankitalia e una da Consob per il suo operato come “banchiere”). “E ora è arrivata la mozione”, concludono in Banca d’Italia: “Basta vedere dove è stata scritta”.
E dove? La risposta è meno semplice di quanto sembra, anche se il capro espiatorio esiste già: la “colpa” se la prenderà Silvia Fregolent, deputata che non s’era mai occupata di Banca d’Italia, Vigilanza bancaria e affini nella sua vita (non un atto parlamentare, né una dichiarazione in quasi cinque anni) e che martedì ha apposto la sorprendente prima firma sotto la mozione anti-Visco. Particolare non secondario: Fregolent è una “boschiana”, cioè nel sottoinsieme dei renziani è membra della piccola tribù che ha legato le sue sorti a quelle della sottosegretario Boschi.
Il capro espiatorio espia, si sa, nulla di nuovo, ma resta la domanda: stante che Fregolent non ha le competenze per scrivere quella mozione, chi l’ha scritta? Non è stato, ci assicurano fonti interne, l’ufficio legislativo del Pd alla Camera, che sarebbe il luogo deputato: d’altra parte l’uomo che nell’ufficio di presidenza del gruppo dovrebbe coordinare le mozioni, Andrea Martella (corrente “orlandiana”), è caduto dal pero quando l’ha vista in aula.
E peraltro, cosa poco sottolineata, quale organismo ufficiale ha discusso se e in che modo portare in aula una posizione politica così rilevante? Non il partito, non i gruppi parlamentari, neanche a livello di vertice. La richiesta di “discontinuità” ai vertici della Banca d’Italia è arrivata dal nulla: quella parola, peraltro, poi tolta dal dispositivo finale su richiesta di Paolo Gentiloni a Matteo Renzi. Il senso di quello richiesta, comunque, è rimasto nel testo arrivato in Aula, come l’attacco durissimo (e peraltro condivisibile) su opere e omissioni dell’attività di vigilanza di via Nazionale sul settore del credito.
E qui entra in scena un altro personaggio rivelatore: Pier Paolo Baretta, il sottosegretario al Tesoro che, a nome del governo, ha chiesto nell’Aula di Montecitorio di espungere dalla mozione l’ultimo paragrafo della premessa, volgarmente le contumelie sulla vigilanza farlocca di Palazzo Koch. Ecco, il buon Baretta – raccontano fonti di governo – ha avuto il bene di vedere un testo solo attorno alle tre del pomeriggio e non è stato il capogruppo dem – regista parlamentare della manovra – il primo a fornirglielo, ma una email di Palazzo Chigi, luogo di lavoro anche di Maria Elena Boschi e del suo esperto staff giuridico. “Sono loro ad aver scritto la mozione”, giurano in Banca d’Italia. “Arriva da lì”, giurano fonti di minoranza del Pd.
È il non dettoattorno a questa operazione politica la parte più inquietante di questa vicenda. Il premier Paolo Gentiloni può, per la propria sopravvivenza, far finta che il suo rapporto di fiducia con Maria Elena Boschi sia intatto e può chiedere di farlo ai suoi ministri, come Anna Finocchiaro, che con la sottosegretario ha avuto una lite furibonda.
La fiducia, si sa, è materia impalpabile e soggetta all’arbitrio: se Gentiloni ritiene di concederla, avrà i suoi motivi. Diverso è il conflitto di interessi di una deputata e membro del governo che continua a tornare sul luogo del delitto. Etruria è un piccolo pezzo delle vicende bancarie di questi anni, nelle quali Visco ha pesanti e più complessive responsabilità rispetto all’aver messo in imbarazzo quel premier poco competente o quella ministro e i suoi familiari. Un partito dovrebbe saperlo e proporre (e scrivere) mozioni che esprimono una linea politica, non le difficoltà di un pezzo di ceto politico.