martedì 31 ottobre 2017

Corriere 31.10.17
Possiamo davvero governare i sogni?
Gli esperimenti per intervenire sulla propria trama onirica
I dubbi dello psicoterapeuta: un errore cancellare gli incubi
di Silvia Morosi

«La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?». Nell’attesa di trovare una risposta al quesito che ha reso famoso Gigi Marzullo, uno studio australiano ha individuato un metodo per diventare — letteralmente — registi della trama e dell’esito della propria avventura (o disavventura) notturna. E muoversi in quello che è conosciuto come «sogno lucido» (un sogno nel quale si è consapevoli di sognare), tema al centro tra gli altri del film Inception di Cristopher Nolan (2010).
Il metodo, tutt’altro che semplice, è stato analizzato da un team di ricercatori dell’Università di Adelaide, guidato da Denholm Aspy. In particolare, sono state individuate tre tecniche, testate su 169 persone. La prima consiste nell’introdurre in fase di veglia piccoli test di controllo della realtà, nella speranza di innescare un’abitudine da riprendere durante il sonno, come chiudere le labbra e inspirare. La seconda prevede di svegliarsi per alcuni minuti dopo cinque ore di sonno e poi tornare a dormire, per entrare in un periodo Rem. La terza, infine, sfrutta il metodo Mild ( mnemonic induction of lucid dreams ): prevede anch’essa di svegliarsi dopo cinque ore e sviluppare l’intenzione di ricordare che stavamo sognando prima di tornare a dormire. I volontari sono stati divisi in tre gruppi e hanno sperimentato solo la prima tecnica, la prima abbinata alla seconda e poi tutte e tre. Quest’ultimo test ha dato i migliori risultati, riferendo un sogno lucido nel 17 per cento dei casi.
Secondo gli studiosi australiani, raffinare queste tecniche potrebbe aiutare nel trattamento del disturbo post traumatico da stress o dei sonni funestati da incubi, ma anche nello sviluppo della creatività, nel rafforzamento dell’autostima e, più in generale, nel raggiungimento dell’armonia. Nel frattempo, l’idea è quella di aumentare la quantità di queste esperienze «a comando», da studiare a fini di ricerca. «L’attività onirica ha da sempre una notevole importanza per l’uomo, per l’impatto emotivo che riveste e la possibile traduzione in significati utili all’esistenza», spiega Davide Liccione, psicologo-psicoterapeuta, direttore della Scuola lombarda di psicoterapia. Dal sistema religioso-filosofico del buddismo tibetano, che ne ha fatto un caposaldo, passando per Aristotele, fino a Stephen LaBerge, direttore in California del «laboratorio del sonno» più famoso del mondo ( Lucidity Institute ), i sogni lucidi sono studiati da decenni, perché accadono «spontaneamente» in molti di noi, ma il più delle volte ci dimentichiamo di averli fatti: «Il sogno non può essere imbrigliato nell’applicazione di qualche tecnica», chiarisce Liccione. Non possiamo, quindi, sognare a comando, ma «possiamo imparare, in alcuni casi, a prendere determinate direzioni piuttosto che altre». Non bisogna, però, escludere che «al pari di altre tecniche terapeutiche, quella del sogno lucido possa rivelarsi utile in alcune fobie specifiche».
Quali implicazioni reali può avere l’ingresso in questo eterno mistero? «Sin dall’antichità i sogni hanno affascinato e angosciato l’uomo», aggiunge Luca Mazzotta, psicologo specialista in psicoterapia psicoanalitica a Milano. In psicoterapia l’analisi dei sogni «è ancora importante perché aiuta a rappresentare aree dello psichico che altrimenti resterebbero senza forma». Certo, bisogna essere estremamente cauti sul tema sollevato dalla ricerca: «Sappiamo ancora troppo poco. Anche un incubo ha una sua funzione nell’economia psichica: siamo sicuri che sarebbe meglio evitarlo? — continua Mazzotta —. Si tratta, infatti, di rappresentare qualcosa che altrimenti non avrebbe accesso a una elaborazione psichica, il che potrebbe avere conseguenze peggiori dell’averlo sognato».
Il problema non è l’incubo, ma ciò che lo genera. Resta un ultimo interrogativo: ci sono problemi «etici» nell’entrare nei sogni altrui? «Se ciò fosse davvero possibile, credo di sì. Il sogno è qualcosa di privato, fa parte del vissuto più intimo di ognuno. Tutti ricordiamo qualche sogno che ci ha particolarmente colpito, e questo si inserisce nella nostra storia, nel nostro senso di identità, fa parte di quello che siamo», conclude Mazzotta.