Corriere 22.10.17
Dall’Annunciazione alla Madonna del latte, l’emozione del realismo
di Marco Gasperetti
Benvenuti
nell’avanguardia del Trecento. E se la definizione vi sembra esagerata,
avvicinatevi alle tavole e agli affreschi di Ambrogio Lorenzetti, il
«Magnifico» pittore che rivoluzionò l’arte del suo tempo, sfidando il
vento dell’incomprensione, con uno sguardo profetico verso il futuro.
Guardatele
prima da una certa distanza e con quella visione globale e distaccata
che serve a introiettare la struttura dell’opera. E poi, lentamente,
passo dopo passo, avvicinatevi sino a individuare i particolari più
straordinari e di un realismo, sublimato nell’arte e nella religiosità
dei soggetti, molto avanzati per i tempi. C’è da emozionarsi, sino quasi
alla commozione, nell’osservare la Madonna del Latte (vestita di
rosso), con il seno quasi deformato dal neonato che guarda l’osservatore
come potrebbe fare un qualsiasi pargolo postmoderno davanti alla
fotocamera di uno smartphone. La sorpresa si ripete davanti all’immagine
di un’altra Madonna con Bambino, custodita al Louvre, dove il piccolo
mangia un fico, simbolo del peccato, e che invece Ambrogio nobilita.
Camminando
tra le dieci sale, ma meglio sarebbe chiamarle ambientazioni, nelle
quali trionfa la mostra «Ambrogio Lorenzetti» (dal 22 ottobre 2017 al 21
gennaio 2018) visitata in anteprima dal presidente della Repubblica
Sergio Mattarella, si ha una visione non solo complessiva di questo
straordinario campione dell’arte medievale (e non solo), ma si cancella
la visione un po’ stereotipata del pittore dell’Allegoria del Buono e
del Cattivo Governo, il grandioso ciclo di affreschi della Sala dei Nove
del Palazzo Pubblico di Siena.
Lorenzetti si presenta per ciò che
è realmente, uno dei tre grandi pittori del suo tempo, insieme a Giotto
e Simone Martini (come scrive il Ghiberti) dalla natura innovativa. «Un
artista geniale, un intellettuale dall’idea di una pittura nella quale
l’intelletto e l’innovazione iconografica sono molto forti — spiega
Roberto Bartalini, uno dei curatori insieme ad Alessandro Bagnoli e Max
Seide —. Dipinge i fenomeni naturali, il vento, la grandine, la luce, la
notte. Dà immagini a idee complesse. Descrive negli affreschi
un’Annunciazione che nessuno aveva immaginato, con una Madonna impaurita
che cade a terra, così fuori dai canoni che appena finisce la sua opera
i committenti la fanno modificare».
Quella di Siena non è solo
una mostra svelatrice del genio di Lorenzetti, ma completa. Non solo
perché nei dieci ambienti del percorso si trovano le opere dell’artista
conservate a Siena (sono il 70% della sua produzione), ma perché è stata
arricchita da una serie di prestiti provenienti dal Louvre di Parigi,
dalla National Gallery di Londra, dalle Gallerie degli Uffizi, dai Musei
Vaticani, dallo Städel Museum di Francoforte, dalla Yale University Art
Gallery. «Con l’obiettivo di reintegrare pressoché interamente la
vicenda artistica dell’artista — afferma il direttore del Santa Maria
Daniele Pittèri — facendo nuovamente convergere a Siena dei dipinti che
in larghissima parte furono prodotti proprio per cittadini senesi e per
chiese della città».
La razionale disposizione delle opere e
l’inserimento di spazi multimediali accompagna il visitatore a conoscere
l’evoluzione di Lorenzetti in un crescendo d’emozioni. La sua modernità
ci abbaglia.