domenica 22 ottobre 2017

Corriere 22.10.17
Camusso
«Non si può usare via Nazionale per regolare i conti nel partito»
La segretaria generale della Cgil: temo che tra noi prevarrà l’astensione alle Politiche
di Enrico Marro

ROMA Insieme coi segretari di Cisl e Uil, ha scritto una lettera al premier Gentiloni, chiedendo un incontro urgente. Perché? Ha avuto risposta?
«Ad oggi nessun cenno — risponde la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso —. L’incontro è importante perché con la manovra il governo ha creato un vulnus rispetto all’intesa col sindacato sulle pensioni. La manovra non affronta né i problemi della previdenza né quelli della sanità. Sarebbe un pessimo segnale dato al mondo del lavoro».
La Fiom già chiede lo sciopero generale. Lei che dice?
«Che bisogna fare la campagna di assemblee con i lavoratori decisa con Cisl e Uil. Poi prenderemo le necessarie risoluzioni. Certo non possiamo star fermi in attesa di un incontro che non arriva».
Sulle pensioni ci sono state già 8 salvaguardie per mandare in pensione anticipata 170mila lavoratori; l’Ape; gli interventi su precoci e usuranti. Ora volete pure il blocco dell’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Ma così non si smonta la riforma Fornero?
«Abbiamo sempre detto che volevamo cambiare la Fornero, perché ci deve essere un equilibrio tra la messa in sicurezza dei conti e la giustizia sociale. Gentiloni ci ha detto, sbagliando, che applicherà la legge sull’adeguamento dell’età alla speranza di vita. Ma un edile o un minatore non hanno la stessa aspettativa di vita di un magistrato. Sull’Ape poi stendo un velo pietoso».
44mila domande respinte, anche se è in corso una revisione per allargare la platea. L’ennesimo conflitto tra il sindacato e il presidente dell’Inps, Tito Boeri.
«Noi constatiamo la distanza tra la funzione che il presidente dell’Inps dovrebbe svolgere e l’ampio margine di manovra che invece si prende».
Volete un altro presidente?
«Chiediamo da lungo tempo che si ridefinisca la governance Inps, dove per la prima volta il Civ (consiglio di indirizzo e vigilanza, rappresentativo delle parti sociali, ndr.) ha bocciato il bilancio. Civ che, del resto, non viene preso in considerazione da un presidente che decide tutto. È un modello che non funziona».
Passiamo al lavoro. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha lodato il Jobs act, dicendo che ha creato mezzo milione di posti di lavoro.
«La metà di quelli che dice il Pd! Battute a parte, non li ha creati il Jobs act, ma la decontribuzione e a caro prezzo per il bilancio pubblico e con l’aggravante di un precariato in aumento, la maggioranza delle nuove assunzioni sono a termine e part time involontari».
Che ne pensa della mozione del Pd che di fatto ha sfiduciato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco?
«Che non si può usare Bankitalia per regolare i conti nel partito. Non c’è alcun capro espiatorio da cercare».
Ma non crede che la vigilanza, e dunque anche la banca centrale, sia stata carente nelle crisi bancarie?
«In Italia si è sottovalutato l’incrocio tra vigilanza europea e Bankitalia. E con il governo Monti si è scelto di dichiarare l’inesistenza di problemi sulle banche. Oggi abbiamo un drammatico ritardo sugli interventi da prendere. Se si pensa che servano regole diverse per la vigilanza si discuta di queste. Ma le istituzioni non si abbattono».
Referendum per la maggiore autonomia promosso da Lombardia e Veneto. Lei risiede a Milano. Che farà?
«Sono in partenza per qualche giorno per il congresso del sindacato americano. In ogni caso avrei votato no, perché si tratta di un gigantesco spreco, per guadagnare un consenso raccontando una cosa non vera, cioè che il risultato produrrà effetti. Sono contraria alla strategia del regionalismo differenziato. Siamo un Paese troppo piccolo per permetterci 20 staterelli».
Un giudizio sulla legge elettorale Rosato?
«Mi pare prefiguri un sistema pasticciato. Un legge più dettata dalle esigenza delle forze politiche che la sostengono che dalla volontà di garantire la più ampia partecipazione dei cittadini».
La sinistra può vincere le prossime elezioni? E a quali condizioni?
«Può farlo se si costruiranno proposte. Invece si discute tanto di persone e poco di contenuti. Bisognerebbe avere e mostrare un progetto, far capire che i governi non sono tutti uguali».
Auspica una sorta di nuovo Ulivo?
«Sì, è stata la punta più alta della nostra storia recente».
Giusto, quindi, il tentativo di Giuliano Pisapia, di un «campo largo» a sinistra?
«Sì, ma non si può costruire una sinistra che sia pronta a governi di larghe intese, altrimenti tutto si appanna».
Quale sarà il partito più votato dagli iscritti alla Cgil alle prossime elezioni?
«Temo “il partito dell’astensione”. C’è una questione che si chiama rappresentanza del lavoro che non trova risposta nei messaggi delle forze politiche».
Anche lei è tentata dall’astensione? Oppure voterà a sinistra del Pd?
«Ho una cultura, ed è il messaggio che ha sempre dato e darà la Cgil, secondo la quale non si rinuncia all’esercizio del diritto di voto, ma capisco la difficoltà di molti. Chi voterò? Valuterò le proposte in campo».
Nel 2018 scade il suo mandato alla guida della Cgil. Si candiderà alle politiche?
«No e poi no. Non so più in che lingua dirlo».