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Quel libro piacerà, lo dicono i big data
Editoria | Dietro lo sbarco in Italia di HarperCollins e Planeta c’è una strategia
globale per rispondere ad Amazon: la sfida non è più nella produzione e nella
distribuzione, ma negli algoritmi e database per individuare i pubblici e i loro gusti
di Samuele Cafasso e Luigi Cruciani.
In Italia, almeno finora, sono dei nani, ma seduti sopra le spalle di giganti. E potrebbero cambiare il Dna dell’editoria nazionale in nome dei big data, una mutazione genetica già avviata in tutto il mondo da Amazon. Quando fu annunciata la grande operazione di Mondazzoli, da più parti si urlò, un po’ troppo frettolosamente, alla morte del pluralismo editoriale. In realtà, paradossalmente, non c’è mai stato negli ultimi anni un periodo di così grandi stravolgimenti nell’una volta placido stagno dell’editoria italiana. La crescita di Giunti con Bompiani, la nascita di La nave di Teseo, il ritorno di Marsilio e Adelphi come case indipendenti, un rinnovato protagonismo della piccola editoria. E poi due grandi gruppi internazionali che sbarcano da noi: HarperCollins (in proprio) e Planeta (in joint venture con DeAgostini). I nani sulle spalle dei giganti, appunto. Che senso hanno operazioni del genere in un Paese dove i lettori sono solo il43%, un grande player ha il 40% del mercato, la distribuzione e le librerie sono in una situazione di oligopolio? Scenario scoraggiante, ma bisogna tenere conto di due cose. La prima è che oggi, su tutti i mercati culturali, avanzano i grandi brand internazionali: vale per la televisione e si sta iniziando a vedere anche nel giornalismo periodico. Il secondo fattore si chiama big data.
• La parola chiave: profilazione
«Se la concorrenza una volta stava nel controllo della distribuzione e della produzione, domani si giocherà su database, metadati e clienti. Non si può più sparare nel mucchio, serve un approccio mirato», spiega Laura Donnini, direttore generale e publisher di HarperCollins Italia (e presidente della società che edita questo giornale, News3.0) che ha inaugurato i suoi uffici a Milano prima dell’estate. Si parte con 60 titoli l’anno e piccole quote di mercato. Per capire cosa intenda Donnini, già presidente di Rcs Libri, bisogna affidarsi a un numero: 65 mila. Tanti sono i titoli italiani che ogni anno vengono pubblicati nel nostro Paese. Un libro resta sullo scaffale tre settimane, quando va bene; in venti giorni deve trovare i suoi lettori. Come raggiungerli in un mondo dove le recensioni sui giornali sono sempre più scarse –e a volte valgono ancora meno in termini di copie –la pubblicità è troppo costosa e il traino televisivo è solo per pochi? Amazon ha trovato una risposta nei big data: il segreto è profilare al massimo i clienti, sfruttare le correlazioni negli acquisti: “Se hai letto questo, ti piacerà anche...”. È lo stesso meccanismo utilizzato nelle serie televisive da Netflix, o da Facebook nella proposta di contenuti, amici, pagine da seguire. Per fare questo, però, serve una gigantesca mole di dati. Ed è ciò a cui puntano i grandi gruppi editoriali espandendosi su più Paesi.
• Come nasce un nuovo titolo
Una strategia utilizzata pure da Planeta, gruppo già presente in Spagna, Francia, Sud America e giunto in Italia a braccetto con De Agostini.Anche per Gian Luca Pulvirenti, amministratore delegato di DeA Planeta, il futuro dell’editoria si gioca in gran parte nella ricerca dei contenuti da proporre a un potenziale pubblico e delle modalità comunicative con cui intercettarlo. Ecco rispuntare social, big data e database. «La nostra casa editrice parte da lì al momento del lancio di un nuovo titolo, come ci accingiamo a fare adesso per l’uscita autunnale del libro di Cara Delevigne. Chiaramente è un processo in divenire, ma quella è la strada. Essere ora all’interno di un grande gruppo internazionale ci permette di attingere a un bagaglio di esperienza già acquisito», afferma Pulvirenti. Che poi devia verso una considerazione sul re della profilazione attraverso le informazioni personali dei clienti: «Amazon custodisce gelosamente i dati raccolti, anche se questi riguardano gli editori presenti sulla piattaforma. Questo dovrebbe portare a una riflessione, ma dovrebbe anche essere uno stimolo».
• Vendite aumentate fino a sette volte
«Vince chi meglio di altri sa mettere in connessione autori e lettori», spiega Donnini. HarperCollins è presente in 18 Paesi.Il livello base delle sinergie è riproporre in ognuno di essi formule il cui successo è stato sperimentato altrove. Ma c’è molto altro, ad esempio sul fronte degli algoritmi per i motori di ricerca e le librerie digitali: «Abbiamo sviluppato dei modelli di metadatazione che possono aumentare le vendite anche di sette volte: l’utilizzo di determinate parole chiave nelle quarte di copertina aumenta la possibilità di essere agganciati nelle ricerche». Di più: «Facciamo indagini sui nostri lettori tramite il digitale in molti Paesi». Questo può essere utile, ad esempio, nello studio delle correlazioni: a novembre arriverà in Italia un thriller di un’autrice che ha avuto grande successo all’estero, Karin Slaughter. «Esiste tutto un dossier costruito attraverso consumer research: possiamo sapere, ad esempio, quanti dei lettori della Slaughter sono lettori anche di Patricia Cornwell (grande successo in Italia, ndr) e quindi rivolgerci direttamente a loro». La questione dei big data è centrale e ci dice qualcosa, tra l’altro, sulla fine dei mercati editoriali come recinti nazionali, ognuno perimetrato da gusti e sensibilità diversi. Andiamo verso l’uniformazione? «È già così», taglia corto Donnini,«la globalizzazione dei gusti è un dato di fatto. I bestseller sono bestseller ovunque». Spiega Paola Dubini, docente alla Bocconi ed esperta di mercati editoriali, «che l’arrivo dei gruppi stranieri in Italia non è certo una novità, si pensi a Pearson nella scolastica o al caso di Walt Disney con Topolino».Quello che cambia adesso è che«Amazon ha abbattuto le barriere geografiche della distribuzione. Se il mio prodotto, soprattutto inversione digitale, è immediatamente disponibile su tutti i mercati nazionali, diventa sempre più conveniente gestire direttamente i miei autori su scala internazionale».
• La globalizzazione del gusto
Cambiano anche, seguendo i gusti del mercato, i principali settori di focalizzazione dell’offerta. HarperCollin è forte sulla narrativa femminile, gli young adult, i libri legati ai film in uscita, un certo tipo di saggistica lontano dalla politica e dall’accademia. «Forse gli editori internazionali sono un po’ meno puzzoni di quelli nazionali, che hanno la tendenza a considerare i bestseller prodotti di serie B», azzarda Donnini, per poi mettere le mani avanti: «Io non faccio il Calasso (patron di Adelphi, ndr) della situazione perché non ho un catalogo letterario, ma popolare non vuol dire di massa. In gergo direi che siamo commercial upmarket: libri di qualità, ben scritti, ma che non siano rivolto a una micro-nicchia di lettori». «La globalizzazione del gusto non è solo un’imposizione, ma un fenomeno di accelerazione comunicativa che non obbligatoriamente significa livellamento. Bisogna provare a sfruttarne il lato positivo, che potrebbe tradursi in una crescita dei lettori », aggiunge Pulvirenti. Eppure, ovviamente, la questione della qualità della proposta editoriale è un tema ineludibile. Come spiega Paola Dubini, «il rischio della iper-industrializzazione dell’editoria, dove contano i grandi numeri e poco le politiche di autore, non è una questione diAmazon o dei grandi gruppi internazionali contro gli editori italiani. Questi ultimi possono e spesso agiscono sui vari mercati con rispetto e attenzione per le specificità locali e la qualità della proposta. Ma il discorso è un altro: è ovvio che se i gruppi nazionali, per le difficoltà di mercato, tendono a modificare la loro proposta intaccando l’autorevolezza del loro marchio e puntando semplicemente sui numeri, altri soggetti più grandi possono fare questo lavoro meglio di loro». Cinquanta sfumature di grigio, tanto per capirci, è arrivato in Italia con Mondadori che, per altro, nello stesso catalogo ha autori di grandissimo valore. Certo, se Mondadori fosse solo Cinquanta sfumature di grigio, oggi sarebbe un grosso problema. Perché i grandi gruppi sullo stesso campo da gioco sono superiori.
• Un futuro senza editori?
Ma qui stiamo parlando di scenari futuribili, fino alla distopia di una editoria senza editori, sostituita da big data e programmi in grado di individuare la ricetta perfetta del bestseller. Per adesso, è ancora questione di professionalità e persone. E lo sbarco in Italia dei big dell’editoria è fatto anche di questo, con alcuni cambi di casacca importanti e discussi. DeAPlaneta è la nuova casa del responsabiledella narrativa italiana Stefano Izzo e della responsabile della narrativa straniera Francesca Cristoffanini (ex editor Rizzoli), nonché del senior editor di Utet Mattia De Bernardis (un passato nella saggistica Mondadori, Einaudi e Feltrinelli); mentre HarperCollins ha accolto Sabrina Annoni come direttore editoriale e Giovanni Dutto come direttore commerciale, entrambi espatriati da Mondazzoli. Incidenti diplomatici con altri editori italiani? «Ci saranno», assicura Donnini.