La Stampa10.9.17
Madame la Guillotine se n’è andata solo ieri
Quarant’anni
fa (il 1977 della morte di Elvis Presley) l’ultima esecuzione con il
“Rasoir National” a Marsiglia. Uno strumento nato per ridurre le
sofferenze che prese il nome da un medico contrario alla pena capitale
di Claudio Gallo
La
ghigliottina e uno pensa a Luigi XVI e Maria Antonietta, a Robespierre e
Danton, a Marat e Carlotta Corday, alle illustrazioni della storia
della rivoluzione francese del Michelet, brulicanti di furore
sanculotto. È facile, invece, che la memoria sovraffollata ci nasconda
che l’ultima esecuzione con la «macchina compassionevole» è avvenuta in
Francia solo quarant’anni fa, il 10 settembre 1977. L’anno dell’elezione
di Carter, della morte di Elvis Presley, il mese in cui uscì il doppio
degli Stones Love You Live. Il dubbio onore di essere l’ultimo a
rimetterci la testa toccò a un immigrato tunisino, condannato per aver
torturato e ucciso una ragazza. I cultori del macabro possono rivedere
su YouTube l’ultima esecuzione pubblica nel 1939 a Versailles. (Un
genere di spettacolo abolito lo stesso anno. Bisognerà aspettare il 1981
perché Mitterrand cancelli la pena di morte).
La fama sinistra
della ghigliottina nasconde alcuni paradossi: l’invenzione aveva in
realtà l’intento pietoso di ridurre la sofferenza al condannato; e
l’uomo da cui prende il nome, il medico Joseph-Ignace Guillotin, era un
illuminista contrario alla pena capitale. Fin dal 1779 Guillotin
proponeva di uniformare perlomeno il metodo delle esecuzioni. Allora la
decapitazione, con la spada o con l’ascia, era applicata soltanto ai
nobili o ai ricchi borghesi. Per il popolo c’era la più lenta e crudele
forca se non la ruota dello squartamento o il rogo.
Il dottore
illuminato precorreva la sensibilità moderna in un tempo in cui la pena
di morte era generalmente considerata naturale. Nel celebre elogio del
boia, nelle Serate di San Pietroburgo, De Maistre fa dire al conte:
«Ogni grandezza, ogni potenza, ogni subordinazione riposa
sull’esecutore: egli è l’orrore e il legame dell’associazione umana.
Togliete dal mondo questo agente incomprensibile; nel momento stesso
l’ordine lascia il posto al caos, i troni si inabissano e la società
scompare». Ancora oggi la maggioranza degli americani sarebbe più o meno
d’accordo.
L’idea di Guillotin diede vita a un comitato di
esperti per costruire la macchina della morte indolore. Non è chiaro chi
meriti il cappello dell’inventore, se il medico di corte Antoine Louis,
il costruttore tedesco di clavicembali Tobias Schmid, un funzionario
del tribunale di Strasburgo. O infine l’illustre boia Charles-Henri
Sanson: «Le spade perdono il filo ad ogni uso - si lamentava -,
sostituirle è una spesa insostenibile».
La macchina non nasce dal
nulla. Già i romani avevano escogitato un sistema di guide in legno per
ottimizzare il colpo letale della pesante ascia bipenne. Gli inglesi
vantavano diversi prototipi, di uno parla con scetticismo Defoe; gli
scozzesi avevano già spedito molta gente all’altro mondo con la loro
«Maiden», poi abbandonata nel 1710; e gli italiani avevano inventato la
mannaia. Tragica ironia, nel dibattito era intervenuto anche Luigi XVI,
carpentiere per diletto. Il 7 marzo 1792, meno di un anno prima di
finire lui stesso sotto la lama, parlò all’Assemblea in favore della
ghigliottina: «Sarebbe facile costruire un tale strumento, che avrebbe
effetti certi e la decapitazione avverrebbe in un istante, secondo la
lettera e lo spirito della nuova legge».
Nato con intenti
umanitari, il «Rasoir National» acquisì subito una fama sinistra, tanto
che ai primi impieghi fu fatto sorvegliare dai soldati di Lafayette per
timore che la folla lo distruggesse. Nacque la leggenda nera che le
teste mozzate conservassero per pochi istanti un guizzo di vita. Quando
un rivoluzionario schiaffeggiò il capo troncato di Carlotta Corday,
molti giurarono di aver visto un moto di sdegno avvampare sul suo viso.
Oltre un secolo dopo, nel 1905, il medico Gabriel Beauriux raccontò che,
per qualche secondo, la testa del condannato Languille rispondeva al
proprio nome con un’alzata di ciglia. Fantasie smentite dalle medicina
odierna, che valuta la possibile durata della coscienza dopo la
decapitazione in due o tre secondi. Eventuali movimenti sarebbero
soltanto riflessi nervosi incoscienti.
Oggi, il consenso alla pena
capitale è globalmente crollato, la ghigliottina è uscita
definitivamente dalla storia e il presunto sollievo del suo impersonale
meccanismo suscita solo orrore. Non si è avverato il progresso,
satiricamente previsto dal Giusti, di una ghigliottina a vapore: una
macchina che «in tre ore/Fa la testa a centomila/Messi in fila». Il
mondo, apparentemente, è invece diventato più buono.