La Stampa 28.9.17
Renzi e il nodo Alfano: possiamo allearci con Ap ma senza lui in lista
Il Pd: indigeribile per i nostri elettori Il segretario manda Guerini a trattare
di Francesca Schianchi
Un’apertura
a sinistra, per coprirsi dalla concorrenza degli ex compagni di strada
Bersani e D’Alema. E una in direzione del centro, per occupare lo spazio
dei moderati. Nella strategia a cui sta lavorando per affrontare le
prossime elezioni, il Pd ha individuato un solo problema, una figura
utile in questo schema, ma molto difficile da far digerire
all’elettorato di centrosinistra: Angelino Alfano.
Ex delfino di
Berlusconi, ex segretario del Pdl, da Guardasigilli autore del
contestatissimo lodo che istituiva una sorta di “scudo” dai processi per
le quattro più alte cariche dello Stato quando la quarta, cioè il
presidente del consiglio, era l’allora Cavaliere, l’attuale ministro
degli Esteri ha fatto insorgere in alcune occasioni il popolo del Pd
anche in questi anni di governo col centrosinistra, ad esempio sul caso
Shalabayeva (la moglie di un dissidente kazako espulsa dall’Italia
insieme alla figlia piccola quando lui era ministro dell’Interno). «Puoi
mettere in lista la Castaldini (portavoce nazionale di Ap, ndr.), puoi
mettere la ministra Lorenzin, anche Lupi: Angelino invece per i nostri è
un problema», confida un uomo molto vicino a Renzi, «la sua immagine
per il centrosinistra è troppo deteriorata».
L’operazione in corso
a Largo del Nazareno prevede, per coprirsi a sinistra, di provare a
strappare Giuliano Pisapia dall’alleanza con Mdp, tentativo che a giorni
alterni appare complicato o a portata di mano (ieri, dopo l’intervista
di D’Alema al “Corriere della sera”, più la seconda), oltre che di
coinvolgere altre personalità di sinistra (nel mirino alcuni sindaci,
come quello di Cagliari, Massimo Zedda, e il collega di Lecce, Carlo
Salvemini). A presidiare il fianco destro, il Pd conta sull’apporto di
figure come Benedetto Della Vedova e Carlo Calenda, e del loro “Forza
Europa” (più difficile invece coinvolgere l’altra protagonista di quel
movimento, Emma Bonino, in rapporti freddi con Renzi), ma anche
Alternativa popolare. E qui si pone il problema Alfano.
L’ideale,
dal punto di vista dei dem, sarebbe riuscire a convincerlo a non
candidarsi. Un’ipotesi che, sanno bene dalle parti del segretario, è
molto remota, ma su cui sta lavorando col tatto necessario il mediatore
per eccellenza del partito, Lorenzo Guerini. Quello che i dem possono
proporre al ministro è il coinvolgimento dopo le urne, ancora una volta
al governo, in caso di vittoria. Un’eventualità però tutt’altro che
scontata: se invece a Palazzo Chigi ci andrà un’altra forza politica,
Alfano potrebbe trovarsi all’opposizione e fuori dal Parlamento.
Movimenti
e contatti sono in corso. D’altra parte, ancora non è chiara nemmeno la
strategia del ministro degli esteri. Con l’accordo in Sicilia sul
sostegno a Micari alle Regionali, sembrava aver fatto la sua scelta di
campo verso il Pd. La nomina a coordinatore di Maurizio Lupi, due giorni
fa, necessaria per trattenere l’ala lombarda del partito pronta allo
strappo, è di tutt’altro segno: «I nostri interlocutori sono nella
famiglia del Ppe, in particolare Forza Italia», twittava ieri il
capogruppo ricordando dove, secondo lui, bisognerebbe guardare. E la
decisione di bloccare la legge sullo Ius soli, che Ap aveva già votato
alla Camera, va in quella direzione. Ma, si sa, Salvini e Meloni hanno
messo un veto su Alfano: per allearsi con lui, Berlusconi dovrebbe
rinunciare a Lega e Fratelli d’Italia. «La vita è fatta di alternative:
se Berlusconi gli chiude la porta in faccia, e se passa la legge
elettorale con una quota di maggioritario, allora può darsi che Angelino
per garantirsi un’alleanza sia costretto ad accettare le nostre
condizioni…», dicono nel Pd.
Al popolo delle feste dell’Unità, in
questi anni di governo i vertici dem hanno spiegato che l’accordo con
Alfano era occasionale, obbligato dalla «non vittoria» delle elezioni.
Ora dire il contrario non è semplice: stanno cercando la soluzione.