lunedì 18 settembre 2017

La Stampa 18.9.17
Corsi per pizzaioli, teatro
“Qui dentro i più calmi sono gli assassini”
di Giacomo Galeazzi

Dentro il recinto c’è un fazzoletto di terra, ma per fare due passi lì serve il permesso del magistrato. Così gli ospiti deambulano come zombie nei corridoi interni e si accalcano nella saletta fumatori. Solo il campo da calcetto e l’orto alleggeriscono un’architettura da caserma e la noia di giornate sempre uguali. Dentro la palazzina di due piani le tragedie personali e scarsità di mezzi uniscono i loro effetti deleteri. Qui uno degli ospiti ha dato fuoco alla propria stanza e un altro, con una testata, ha rotto il setto nasale a un operatore. La vigilanza interna è affidata a un servizio di portierato e tocca agli operatori tenere sotto controllo la situazione. Non viene trascurato alcun dettaglio e si susseguono attività riabilitative. Si è appena concluso il corso per pizzaioli (in quattro hanno conseguito l’attestato) e poi uscite di gruppo nei centri commerciali, nei paesi e nei parchi della Ciociaria, i pomeriggi al cinema a Frosinone, la pesca sportiva al laghetto, il laboratorio teatrale, i corsi di spiritualità (ci sono stati anche battesimi e conversioni). «Tutto ciò serve ad allentare la tensione interna, provocata dall’obbligo di restare nella struttura», spiega Luciano Pozzuoli, responsabile della Rems. Per ciascuno dei venti ospiti c’è un progetto di recupero terapeutico riabilitativo. «La permanenza non è detenzione ma percorso personalizzato», precisa lo psichiatra Pozzuoli che non ci sta a ridurre il suo ruolo a quello di carceriere e gira tutto il giorno per le stanze e le sale comuni. «Anche il modo in cui si risponde a un saluto conta», spiega. Paradossalmente quelli che creano minori difficoltà sono gli autori di omicidi. «Sono già abituati a stare in istituto, sono i più tranquilli». I guai maggiori li crea chi ha disturbi della personalità. «In genere hanno commesso reati di poco conto, come la resistenza a pubblico ufficiale, ma non accettano di restare, soffrono spesso di dipendenza da alcol o droghe, talvolta sono violenti con il personale e con gli altri ospiti», osserva Pozzuoli. Alcuni hanno gravi deficit cognitivi e vengono accuditi come bambini. Arrivano dagli Opg chiusi, fuori non hanno famiglie in grado di accoglierli. In lista di attesa decine di casi che cercano un sostegno in una vita devastata, non soltanto un posto letto. Prima dell’apertura si era sparso il panico tra i cittadini. Qui, però,« non ci sono mostri, ma malati che hanno bisogno di cure».