La Stampa 10.9.17
“Gentiloni candidato premier”
Una fronda anti-Renzi nel Pd
Emiliano traccia il solco. Ma tiene il patto tra il segretario e il suo successore
di Carlo Bertini Alessandro Di Matteo
«Abbiamo
bisogno di istituzioni rassicuranti», sorride con tono soffice Paolo
Gentiloni di fronte ai manager della Fiera del Levante. E proprio a
questo pensano i tanti che lo vedrebbero bene candidato premier alle
politiche. A rompere il tabù, scandendo in pubblico per primo un’idea
che frulla nella testa di molti nel Pd e che inquieta assai i renziani, è
Michele Emiliano, che fa gli onori di casa. «Se Gentiloni, come io mi
auguro, assumesse la leadership del centrosinistra, immagino che il suo
contributo al paese, all’Italia, e anche al centrosinistra sarebbe
ancora più importante». Il governatore pugliese, capo di una delle
correnti di minoranza, lancia una sfida a Renzi sul piano del consenso
al sud, conscio di allargare un solco non ricomponibile da qui alle
politiche, con tutte le conseguenze del caso sulle liste: come spiegano i
pugliesi a lui vicini, «da luglio Renzi non dà segnali, malgrado la
disponibilità offerta da Michele. E lo stesso dicasi per Orlando...». Il
Guardasigilli ha un centinaio di parlamentari uscenti che temono di non
rientrare in gioco, assistendo impotenti a quello che gli avversari del
segretario Pd chiamano «il clima di chiusura in un bunker» di un
«partito dell’autosufficienza»: e quindi i peones delle minoranze si
sentirebbero forse più tranquilli cambiando cavallo. Non a caso, a dare
voce a questa suggestione, che si fa largo tra le truppe, di un
“Gentiloni candidato” era stato qualche giorno fa un graduato di rango:
Cesare Damiano, il presidente della commissione Lavoro che fa parte
della corrente di Orlando. Del resto, i fuoriusciti tendenza Bersani
raccontano che «da dentro al Pd, da Orlando, da Franceschini, continua
ad arrivare un messaggio a Pisapia: dopo la probabile batosta in Sicilia
guarderemo Renzi negli occhi e gli spiegheremo che lui è il segretario
Pd, ma che per vincere serve un centrosinistra unito e dunque un leader
della coalizione capace di ricucire. E una legge elettorale che agevoli
la costruzione di una coalizione». E non è un caso che sabato prossimo
Orlando terrà a Roma la prima iniziativa della sua associazione Dems,
dal titolo molto esplicativo: «Un nuovo centrosinistra, per unire
l’Italia». Presenti Carlo Calenda, Giuliano Pisapia e Nicola Zingaretti.
«La
scelta di Renzi di fare tutto da solo restringe le sue possibilità -
mette in guardia Damiano - considerato il fatto che oggi vengono
premiati leader come Gentiloni, capaci di unire più che dividere». Il
terreno per forgiare la nuova leadership, secondo Mdp, potrebbe essere
la legge di bilancio: «Gentiloni può diventare il leader di un rinnovato
centrosinistra se si smarca da Renzi e apre a Mdp sulla manovra...».
Peccato
che i due interessati, Renzi e Gentiloni, abbiano trovato un modus
vivendi che li ha portati a gestire i conflitti senza dare nell’occhio. E
a chiudere un patto di ferro, raccontano i renziani, sul tema che
avrebbe potuto diventare un tormentone: la durata della legislatura.
Decisione in capo al Quirinale certo, ma che premier ed ex premier
agevoleranno. Dopo aver concordato un compromesso: si potrà chiudere
dopo la manovra a fine dicembre, come chiesto qualche settimana fa dal
capogruppo Ettore Rosato, andando però a votare non di corsa a febbraio,
ma a metà marzo. Come avevano di fatto prefigurato esponenti vicini a
Gentiloni.
Il leader Pd, che pure ieri in Sicilia ha fatto i
complimenti al premier, sa bene che il tema “Gentiloni candidato” verrà
usato come testa d’ariete se si perdesse nell’isola. Ma per i renziani
il tentativo di spallata finale non andrà in porto, soprattutto perché
la massa dei peones Pd che aspirano alla ricandidatura ci penserà due
volte a schierarsi contro il segretario in carica. Per non dire
dell’altro fattore: l’assenza di una coalizione. Fattore non
indifferente, perché i convitati di pietra, ovvero i compagni di Mdp e
lo stesso Pisapia, non sono in procinto di stringere patti col Pd.
«Gentiloni candidato è uno scenario improbabile», taglia corto
Massimiliano Smeriglio, uno dei big di Campo progressista. «Poi certo,
ha riportato nel paese un clima di maggiore serenità, ma se e quando
rinasceranno le coalizioni, noi chiederemo innovazione e primarie...».