Il Sole 24.9.17
Storia della medicina
Mangiare come Ippocrate
di Carlo Carena
Serena
Buzzi raccoglie una serie di saggi di italiani e stranieri sui regimi
alimentari dalla dieta nell’Antica Grecia alla epigenetica, attraverso
la ricerca del principio dell’armonia
Il «Nulla troppo» ispirato
dal dio e inculcato dai filosofi nell’etica è alla base anche nella
prassi delle scienze dell’uomo. Nella medicina antica moto e quiete
vengono alternati misuratamente, e la moderazione e l’equilibrio sono
elevati a categorie fondamentali del benessere fisico come di quello
interiore. E così anche in categorie assai meno elevate, nella dieta
alimentare e nell’ordine sanitario, premesse alla buona salute non solo
del corpo ma anche dell’animo.
Sui regimi della nutrizione e delle
attività fisiche vertono un buon numero di saggi di studiosi italiani e
stranieri raccolti in un volume Il regime della salute in medicina.
Dalla dieta ippocratica all’epigenetica organizzato da una classicista,
Serena Buzzi, particolarmente interessata alla medicina greca e
associata all’Accademia di Medicina di Torino.
La nascita stessa
della medicina è ridotta nel Corpo ippocratico ad una semplicità che
quasi la elimina anziché promuoverla: là dove si dice che «il tuo cibo
sia la tua migliore [o: la tua sola] medicina». Ma poi, con un passo
innanzi, Galeno arguisce che in realtà la medicina fu ricercata
necessariamente poiché ai malati non conviene il nutrimento dei sani. Ad
essi convengono cibi caldi, umidi, lisci, rilassanti; perciò sono
eccellenti le uova, riscaldanti e umidificanti, ingerite appena deposte e
ancora calde, con un po’ d’olio.
A sua volta Ippocrate apre il
trattato Sulla dieta con l’elenco dei cereali (avena, grano: il «dono di
Demetra»e il consumo del frumento, dirà Isocrate nel Panegirico,
trassero gli Ateniesi da un modo di vivere bestiale e lo elevarono a
quello civile); prosegue poi con i legumi (fave, lenticchie, lupini,
sesamo) e le carni di bue, di capra, di porco, di agnello, di asino, di
cavallo, di cane, di cinghiale, di cervo, di lepre, di rana, di riccio,
di piccione, di oca, di anitra… e i pesci e i crostacei, i formaggi e le
bevande (vino, mosto, aceto). Fra i primi eccelle l’orzo, fra le
seconde le carni di porco sono le più nutrienti poiché contengono poco
sangue e molta polpa, diversamente da quella di bue, perciò difficile da
digerire.
Nel testo che in questo volume si occupa di tale
argomento l’autore, Andrea Fesi, della Sorbona, conclude che oggi,
certamente, il sapere medico ha raggiunto una distanza incommensurabile
dalle conoscenze mediche ippocratiche; però taluni aspetti di quella
medicina rimangono attuali. In essa si dimostra l’importanza
fondamentale dell’osservazione del malato e della malattia.
E qui
Alberto Angeli, esponente di primo piano della bioetica in Italia, nel
suo saggio al termine del volume mette in rilievo come oggigiorno nella
ricerca biomedica la prassi puramente formale e impersonale si sia
stemperata in una medicina personalizzata. Se l’antico medico non
conosceva esattamente il funzionamento del corpo umano, seppe
identificare mediante l’osservazione e in un quadro complessivo le cause
che potevano sconvolgere l’organismo. Dove riappare il sommo principio
dell’armonia e dell’ideale della sua protezione e, là dove si laceri,
del suo ristabilimento.
Non mancarono nella medicina antica, e
sempre a quello scopo, anche l’attenzione, lo studio e la trattazione
degli esercizi fisici: qui in un saggio di Brigitte Maire
dell’Università di Losanna riferito al primo libro del De medicina di
Celso, un enciclopedista di età tiberiana, che si apre con questo inno
brioso: «Un uomo in buona salute, vigoroso e padrone sé, non deve
sottoporsi a nessuna regola fissa né ricorrere a medico o massaggiatore.
Il suo regime di vita sia vario, ora in campagna ora in città, ma
piuttosto fra i campi; navighi sul mare, vada a caccia, talora riposi ma
più spesso si eserciti, poiché l’inattività indebolisce il corpo mentre
la fatica lo rafforza, l’una affretta la vecchiaia, l’altra prolunga la
giovinezza».
Stiano attenti soprattutto, poiché sono più deboli, i
residenti in città e i fanatici della letteratura, ricostituendo con le
terapie ciò che sottraggono la sedentarierà e gli studi. Esercizi utili
saranno la lettura ad alta voce, il gioco della palla, la corsa, il
passeggio all’aria aperta e al sole. Alimentazione misurata, né
eccessiva né scarsa; se mai meglio eccedere nel bere che nel mangiare.
Tanto più che l’alcolismo è rimediabile con l’ingestione di una decina
di mandorle amare, praticata preventivamente a Roma dagli invitati ai
banchetti di Druso figlio di Tiberio per evitare i postumi delle sbornie
là immancabili.
Ci fu chi si occupò di ovviare con la medesima
filosofia anche a problemi di estetica. In un capitolo De capillis
cadentibus del Libro delle diete di Alessandro di Tralle, medico e
filosofo del tardo Impero, si spiega che occorre ristabilire l’apertura e
l’umidità dei pori, le quali diminuiscono con l’età, mediante verdure,
cipolle, aglio, lattuga, malva, cetrioli e carni magre; niente vino e
molta acqua.
Ma alla fine, e ricominciando da capo, Ippocrate
stesso in uno splendido passo del primo libro della Dieta scrive che la
natura conosce da sé cosa fare ed essa è in tutto e per tutto pari
all’arte medica, anzi un’arte medica. I costruttori ottengono l’armonia
degli edifici umidificando o disseccando opportunamente i diversi
materiali: ciò ripete la dieta umana, che ammorbidisce o irrigidisce
secondo necessità, divide e ricompatta in armonia, quale gli strumenti
musicali compongono con le medesime note, alte o basse, entrambe
necessarie; poiché un musicista che componesse un motivo su un’unica
nota non piacerebbe, né piacerebbe accostando note stridenti.
Il regime di salute in medicina , a cura di Serena Buzzi, Edizioni dell’Orso, Alessandria, pagg. X-228, € 20