il manifesto 27.9.17
Aborto e violenza, le donne sono per strada
di Bia Sarasini
Le
donne sono per strada, questa settimana. Ottima notizia, perché come
diceva uno striscione a Firenze, dopo la violenza denunciata da due
ragazze americane da parte di due carabinieri, «Le strade sono libere
quando le donne le attraversano».
Due appuntamenti. Il primo, il
28 settembre, è la giornata mondiale per un aborto sicuro, una data
preparata da tempo per combattere contro i mille ostacoli a una pratica
dell’aborto che garantisca la libertà di scelta e l’autodeterminazione
delle donne.
In Italia l’appello è stato rilanciato da
NonUnaDiMeno, la sigla che raccoglie associazioni, gruppi, movimenti e
che dal 2016 ha portato anche in Italia una nuova ondata del movimento
femminista, coinvolgendo e mescolando le generazioni, e anche i generi.
Non pochi gli uomini e i ragazzi che partecipano.
L’altro
appuntamento è per sabato 30 settembre, l’appello contro la violenza
viene dalla Cgil, è stato lanciato qualche giorno fa dalla segretaria
Susanna Camusso e firmato da donne diverse e con storie diverse,
istituzionali e di movimento, si prevedono appuntamenti nelle diverse
città.
È necessaria, la voce delle donne. Quella che nessuno
raccoglie e amplifica, proprio mentre dalla metà estate abbiamo
assistito sia a un crescendo di violenze, tra stupri e femminicidi, sia a
un dilagare nei media di commenti benpensanti, tutti concordi nel
vedere nella libertà delle donne, il problema.
Per questo
NonUnaDiMeno intitola la manifestazione “ve la siete cercata”.
Provocatorio, mirato a chi sembra ritenere che con un po’ di prudenza,
tante aggressioni sarebbero risparmiate.
Il 28 settembre è
l’occasione per fare il punto, anche in Italia, sulla possibilità di
abortire. Un diritto che è garantito dalla legge 194, ma negato nei
fatti. La media nazionale del 70% di medici obiettori lo rende di fatto
molto difficile.
«Una delle forme di violenza che viene agita ogni
giorno contro le donne» dice NonUnaDiMeno. Le manifestazioni saranno in
decine di città italiane, da Roma a Genova, da Venezia a Pompei, da
Torino a Milano, Bari Taranto Lecce. C’è una mappa disponibile sul sito.
Flashmob,
raduni, cortei. A Roma l’appuntamento è a Piazza Esquilino alle 18, a
Milano al Pirellone. Annunciano partecipazione insieme a proprie
iniziative molte organizzazioni, dall’Arci alle diverse Cgil.
In Italia, vista la cronaca di questi giorni, il discorso sulla violenza si allarga.
Uno
stupro è uno stupro, dice il documento di NonUnaDiMeno: «Rifiutiamo la
retorica su cui si fonda: il “destino biologico” di fragilità e
inferiorità a cui saremmo naturalmente assegnate. È questo che vogliono
farci credere nelle corsie degli ospedali, quando schiere di obiettori
ci impediscono di scegliere quando, come e se diventare madri. È questo
che ci ripetono nelle aule dei tribunali, quando nei processi per stupro
diventiamo noi le imputate, o quando non possiamo decidere se procedere
o meno contro il nostro stalker. È questo che scontiamo senza
indipendenza economica, con i salari più bassi dei nostri colleghi, con
le molestie sul lavoro, con la cura della famiglia sempre più sulle
nostre spalle».
E mentre si scende in strada, le violenze non si
fermano. Ancora una ragazza spagnola per l’Erasmus a Rimini, ha
denunciato lo stupro da parte di un italiano mentre era in stato di
ubriachezza.
Eppure sono tanti gli uomini, a cominciare dal presidente del Senato Pietro Grasso, che si sentono coinvolti. E chiedono scusa.
Anche
moltissimi ragazzi, che dicono apertamente – per esempio sui social –
quanto siano inconcepibili rapporti con ragazze semi-inconscienti. Una
bella differenza dai tempi in cui il manuale del seduttore prevedeva il
far bere la preda.
Anche l’appello promosso dalla Cgil punta il
dito sui rimproveri che vengono mossi alle donne. Non c’è dubbio che sia
necessaria tutta la forza femminile possibile. In strada, in tante, con
voci plurali. Del resto, non c’è un luogo sicuro. La maggior delle
violenze è domestiche. E solo un uomo su 4 che fa violenza è straniero.
Aborto legale e sicuro. Libere di scegliere, senza sottostare a imperativi sociali.