il manifesto 26.9.17
L’apocalisse dei socialdemocratici. La Linke cresce, Berlino est è sua
A
sinistra. Per Schulz è il peggior risultato di sempre, il
Nordreno-Westfalia gli volta le spalle. Per la Sinistra guidata da
Wagnknecht e Bartsch la Germania orientale non è più un tabù
di Jacopo Rosatelli
I
due partiti «rossi», eredi della storia del movimento operaio, escono
dalle urne in condizioni molto diverse fra loro. Per i socialdemocratici
della Spd è il peggior risultato di sempre, un milione e mezzo di voti
in uscita verso destra e sinistra, mentre la Linke guadagna lo 0,6% e
può sorridere. Emblema della disfatta per il partito che fu di Willy
Brandt è la caduta di ogni roccaforte: si classifica primo solo in un
Land minuscolo, la città-stato di Brema (26,8%), mentre nella «Emilia
Romagna» del Nordreno-Westfalia il 26% ottenuto è un’apocalisse. Martin
Schulz e compagni tremano anche per il 27,4% della Bassa Sassonia, vasta
regione occidentale con capitale Hannover: in sé è il migliore
risultato del Paese, ma il 15 ottobre in quel Land si vota per il
parlamento locale, e i numeri dicono che il governo uscente a guida Spd
rischia seriamente di andare a casa. E in Germania gli esecutivi
regionali contano molto.
Se si volge lo sguardo ad est, i dati
sono sconvolgenti: in Sassonia un drammatico 10,5%, in Turingia il
13,2%, appena sopra il 15% in Sassonia-Anhalt e nel Meclemburgo di
Angela Merkel. Nella ex Ddr i socialdemocratici sono ormai una forza
medio-piccola, lontanissimi dalle dimensioni di una Volkspartei, quel
partito popolare e di massa che in teoria dovrebbero essere. La scelta
della nuova capogruppo al Bundestag indica ora una nuova direzione di
marcia: via il moderato Thomas Oppermann, tocca ad Andrea Nahles,
ministra uscente del lavoro, e soprattutto figura più in vista della
sinistra del partito. C’è quindi da aspettarsi che, almeno nelle
intenzioni, la Spd voglia sul serio fare opposizione, recuperando i
consensi dei suoi bacini tradizionali e magari cominciando a costruire
finalmente un’intesa con la Linke anche a livello federale e non solo di
singoli Länder (i due partiti amministrano in coalizione Berlino e
Turingia).
Schulz resta segretario, a fine anno il congresso per
un eventuale cambio al vertice: nessuno, per ora, ha chiesto la testa
dell’ex presidente dell’Europarlamento.
Nell’attesa che la Spd
torni davvero socialdemocratica, la Sinistra guidata in queste elezioni
da Sahra Wagnknecht e Dietmar Bartsch si gode alcune affermazioni nella
Germania orientale che ne confermano il tradizionale ruolo: è primo
partito in tutta la parte Est di Berlino, compresi quartieri ad alto
disagio sociale come Marzahn (26%) e Lichtenberg (29%). Nella ex Ddr è
da registrare, però, un complessivo arretramento a vantaggio della AfD.
Il vero dato positivo per la Linke è dunque un altro: le urne di
domenica dicono che ad ovest il «pericolo comunista» non spaventa più.
A
Brema è terza forza (13,5%), in Assia, Amburgo e Bassa Sassonia
raccoglie quasi gli stessi consensi dei Verdi. Che però sono riusciti a
vincere nel collegio più a sinistra di tutta la Repubblica federale,
quello di Kreuzberg-Friedrichshain, cuore della Berlino alternativa
(dove la somma di Cdu, AfD e liberali dà solo il 21%): nel combattuto
derby per aggiudicarsi la rappresentanza dell’enclave rivoluzionaria del
Paese l’ha spuntata la candidata ecologista di origine curda Canan
Bayram, che ha già annunciato che non voterà mai un nuovo governo
Merkel, nemmeno se sostenuto dal suo partito. Legittima soddisfazione,
dunque, nelle file del partito più a sinistra di Germania, ma anche
accenni di riflessione autocritica: «Il risultato nell’Est mostra che
abbiamo sottovalutato le paure generate dalla questione dei profughi»,
ha affermato Wagenknecht, anima più ortodossa del partito, che non ha
mai fatto mistero di essere su una linea diversa da quella più
movimentista e «no-borders» della segretaria Katja Kipping.