il manifesto 2.9.17
Liceo breve, fare 4 anni di scuola per anticipare il precariato a vita
di Roberto Ciccarelli
Maturità
in quattro anni, poi al lavoro o, per chi potrà, all’università. La
ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ieri ha firmato un decreto che
avvia un «Piano nazionale di sperimentazione» che coinvolgerà dal 2018
in poi 100 classi in tutto il paese. Al momento la «sperimentazione»
coinvolge solo 11 scuole, sei pubbliche e cinque paritarie, dunque al
Nord, due al Centro, quattro al Sud, per un totale di 60 classi.
Sono
numeri modesti quelli del «liceo breve», e la sperimentazione va presa
per quello che è. Tuttavia ieri il decreto è stato presentato come
l’anticipazione di una riforma auspicata da qualche anno a questa parte
dagli ultimi titolari di Viale Trastevere. È la chiusura del cerchio
della professionalizzazione dell’istruzione pubblica già segnata
dall’obbligo dell’«alternanza scuola-lavoro»; della sostituzione dei
saperi con le «competenze», in nome di un fantomatico allineamento della
scuola italiana a quella «europea». Dove, invece, le soglie sono
diverse e non esiste un orientamento omogeneo.
Questi discorsi, e le
conseguenti deliberazioni, sembrano ignorare la situazione del mercato
del lavoro che penalizza, più di tutti gli altri, proprio i giovani
compresi nella fascia anagrafica tra i 15 e i 24 anni. Senza contare che
la riduzione di un anno della scuola evidenzierà un’altra tendenza
registrata, da ultimi, dai rapporti Almadiploma e Almalaurea: la
differenza tra gli studenti che provengono da famiglie abbienti e dove i
genitori sono laureati e quindi in grado di garantire ai figli
esperienze, cultura, conoscenze e gli studenti che queste possibilità
non hanno., indebolendo ulteriormente il ruolo di ascensore sociale che
la scuola pubblica e statale ha avuto per molti anni. La combinazione di
questi fattori – una didattica orientata alla professionalizzazione e
al teaching to test (insegnamento finalizzato alle risposte ai test) e
l’anticipo dell’ingresso nella precarietà generalizzata – rischia di
ridurre il tempo-scuola e produrre cittadini specializzati, ma non
abituati al pensiero critico. Orientamenti che portano l’Usb scuola a
chiedere ai collegi docenti di bocciare una sperimentazione priva «di
valore pedagogico, ma utile al progetto di smantellamento del sistema
scolastico pubblico e statale in favore della scuola azienda funzionale
al mercato».
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli
Insegnanti, invita i collegi dei docenti a «esprimere un voto che tenga
conto di tutte le criticità e delle ricadute che l’accorciamento del
percorso di studi potrebbe avere sulla preparazione degli alunni e
sull’organico del corpo docente». Per la Gilda il liceo breve è uno
specchietto per le allodole: «ridurre di un anno l’iter formativo dei
ragazzi non significa garantire automaticamente un posto di lavoro
appena terminata la scuola superiore». C’è anche un motivo di
preoccupazione: «Tagliando di un anno il percorso di studi, si
ridurrebbe anche il corpo docenti. Si tratta di un aspetto che
inevitabilmente suscita preoccupazione»-