il manifesto 14.9.17
Legge elettorale, il grande freno renziano
La
camera tiene la riforma nel calendario di settembre, ma non c'è né un
testo né un accordo. Il segretario Pd punta a conservare i due sistemi
ritagliati dalla Corte costituzionale (che non potrà intervenire di
nuovo prima del voto). Nel frattempo nel partito si salda l'intesa tra
Franceschini e Orlando per introdurre il premio di coalizione. In attesa
di un rovescio del leader in Sicilia, che nel caso arriverà troppo
tardi
di Andrea Fabozzi
Non c’è alcun accordo
sulla legge elettorale e la decisione della camera, ieri, di confermare
l’esame del testo in aula entro la fine del mese è fumo negli occhi.
Anche perché non c’è alcun testo. La mossa serve soprattutto per dare un
segno di vita e resistere alla tentazione di spostare tutto al senato,
dove non ci sono voti segreti come quello che a giugno ha fatto
naufragare l’intesa sul sistema tedesco rivisitato.
La formula con
cui la conferenza dei capigruppo ha voluto tenere la legge nel
calendario di settembre – «ove concluso l’esame in commissione» – è
appena un auspicio. Perché possa realizzarsi in due settimane
bisognerebbe: 1) trovare i voti per un testo base, quello firmato
Pd-M5S-Fi e impallinato a giugno nel frattempo non va più bene né al Pd
né ai grillini; 2) risolvere il pasticcio del Trentino Alto Adige, per
il quale l’aula ha stabilito che dovranno valere le stesse regole
proporzionali applicate al resto del paese. Per questo i sudtirolesi di
Svp minacciano di togliere la fiducia al governo, eppure tornare
indietro da un voto dell’assemblea non si può. Si potrebbe rinviare al
senato per le correzioni, ma Svp non si fida. E allora – idea del
berlusconiano Brunetta – ecco il cavillo: il Trentino potrebbe essere
equiparato alle altre regioni solo dalle elezioni successive alle
prossime, cioè nel 2023 (e nel frattempo ci si può ripensare). Adesso
gli uffici della camera, su mandato della presidente Boldrini,
«approfondiranno la questione» per vedere se è possibile prevedere
questo rinvio, evidentemente assai sgraziato ma si è già visto di tutto.
Compresa un’intera legge elettorale – cioè il vigente Italicum –
rinviata nella sua applicazione di oltre un anno dall’approvazione. In
ballo non c’è tanto la saldezza della maggioranza (i tre o quattro
senatori Svp sono importanti ma non decisivi) quanto la tenuta
dell’accordo decennale tra sudtirolesi e Pd che ha fin qui garantito
all’alleanza di fare il pieno di parlamentari in Trentino. Il sodalizio,
se regge, con il maggioritario può portare a casa anche l’anno prossimo
sei senatori su sette e dieci deputati su undici.
Ammesso che si
risolvano i nodi tecnici, restano tutti quelli politici. Ed è assai
improbabile che a scioglierli possa essere la Corte costituzionale, come
si è sentito ieri, in forza di ricorsi nuovi (Besostri al tribunale di
Bolzano, Campobasso o Caltanissetta) o vecchi (Besostri attende una
decisione a Lecce il 21 settembre, Palumbo il 29 a Messina), perché i
tempi della giustizia costituzionale sono assai più lunghi. Nei due
precedenti di leggi elettorali bocciate ci sono voluti otto mesi per il
Porcellum e undici per l’Italicum dalla rimessione della questione da
parte di un tribunale alla decisione della Consulta, tempi che adesso
non ci sono (e non c’è ancora, del resto, un’ordinanza). Oltretutto è
inverosimile che la Corte costituzionale possa decidere di accelerare
bruscamente l’iter per intervenire a comizi elettorali già convocati.
Più facile che le due diverse leggi elettorali verso le quali si sta
inevitabilmente scivolando possano essere dichiarate incostituzionali
quando ormai avranno già prodotto disastri. Ma intanto e a questo che
Renzi con ogni evidenza sta puntando. Alimentando, però, il malessere
del Pd.
Ieri i ministri Orlando e Franceschini si sono lungamente
intrattenuti a colloquio a Montecitorio, il genere di siparietto che si
fa per farsi vedere dai cronisti. E lanciare così l’appuntamento di
sabato a Roma con il quale Orlando avanzerà una proposta di legge
elettorale che contiene il premio alle coalizioni. Una smentita del
modello isolazionista (o annessionista) renziano che Franceschini fa
sapere di condividere. Peccato che i deputati delle due aree restino una
minoranza nei gruppi Pd, a meno che un clamoroso rovescio siciliano
finisca con il rimescolare le carte. Improbabile, e per la legge
elettorale sarebbe comunque troppo tardi.
l’inerzia gioca per
Renzi e per la conservazione del Consultellum sia alla camera che al
senato. L’unica novità sarebbe una discesa in campo del governo
Gentiloni. «Politicamente una nuova legge è necessaria per dare la
prospettiva di un governo stabile», ha detto la ministra Finocchiaro
(area Orlando). La capogruppo di Si De Petris la prossima settimana
proporrà una risoluzione al senato per interrogare l’esecutivo. La
prevede il regolamento, ma è già chiaro che il Pd farà mancare il
sostegno.