Corriere 7.9.17
Sicilia, il Pd blinda l’asse con Alfano Rapporti tesi tra Mdp e Pisapia
Guerini: tiriamo dritti. D’Alema: Giuliano forse non ha seguito, a rompere sono i dem
di Monica Guerzoni
ROMA
Ma quale ticket, quali primarie. Matteo Renzi non ci pensa proprio ad
azzerare i suoi piani in Sicilia. Il leader del Pd si è convinto di
poter conquistare l’isola proprio con quelle «alleanze innaturali» che
Giuliano Pisapia gli ha rimproverato. Determinato a non mollare Alfano,
domani l’ex premier inizierà il suo forsennato tour in sei tappe, da
Taormina a Marsala, per blindare la candidatura di Fabrizio Micari,
stringendo mani e firmando copie di Avanti .
E avanti, proprio
come il titolo del suo ultimo libro, Renzi intende andare anche in
Sicilia. Lo conferma Lorenzo Guerini, che ieri si è trovato a dover
riprendere in mano i fili delle trattative dopo l’ultimatum di Pisapia.
L’ex sindaco ha chiesto ai dem di ripartire da zero per salvare il
centrosinistra e non regalare la Sicilia a Grillo o alla destra, ma al
Nazareno l’allarme rosso non è scattato. «Tiriamo dritti — conferma
Guerini da un divanetto di Montecitorio, dove si è concesso una pausa
per ricaricare il cellulare —. Micari è il nostro candidato, non c’è
nessun tandem con Claudio Fava. Le primarie? Ma su, non ci sono i tempi.
Lo sanno che si vota il 5 novembre?». Sì, ma se andate divisi rischiate
di perdere. «Rischiamo di vincere — smentisce i “gufi” Guerini —
correremo con cinque liste e ci sarà anche Alfano». Il ministro ieri ha
incontrato Micari a Palermo e ha dato il via libera alla candidatura, ma
Pisapia e Bersani hanno messo il veto su Alfano. «Noi abbiamo fatto la
coalizione modello Palermo come ci era stato chiesto da Leoluca Orlando,
loro punto di riferimento — chiarisce Guerini —. Abbiamo ottenuto il
passo indietro da Crocetta, cos’altro possiamo fare?». Correre senza le
bandiere di partito? «No, non esiste».
A ricucire il
centrosinistra non è servito nemmeno l’incontro (casuale) in un
corridoio di Montecitorio tra Guerini, Pier Luigi Bersani e Bruno
Tabacci, vicino a Pisapia. Colloquio intenso, ma infruttuoso. «Come
possiamo spiegare ai nostri che siamo usciti dal Pd per ritrovarci a
braccetto con Alfano?», è il mantra dell’ex segretario.
Altrettanto
inquieti restano i rapporti tra Mdp e Campo progressista. Bersaniani e
dalemiani si interrogano sul perché il progetto unitario non decolli e
sulla riluttanza di Pisapia nell’esercitare la leadership. «Quest’estate
non ha battuto un colpo su lavoro, migranti, economia, condoni»,
lamentano in via Zanardelli. Nella sede di Mdp, ma sottovoce, si fa il
nome di Pietro Grasso come sogno proibito se mai Pisapia dovesse
sfilarsi.E a sera da Reggio Calabria D’Alema invita Pisapia a
sintonizzarsi sulla Sicilia: «Forse non ha seguito tutti gli sviluppi,
avrà modo di approfondire. È il Pd che ha rotto il centrosinistra
siglando il patto con Alfano, non noi». E qui l’ex premier tira giù il
sipario: «La vicenda è chiusa, mi sembra difficile recuperare».