Corriere 28.9.17
Ken Loach
«La rabbia degli esclusi alimenta il populismo
Sto con l’amico Jeremy: rifonderà la sinistra»
di Luigi Ippolito
Brighton
Un signore anziano con gli occhiali, un po’ curvo nelle spalle, si
aggira per il congresso: prova a entrare nella sala dei dibattiti, lo
fermano per chiedergli il «pass». Lui farfuglia qualcosa, si scusa,
fruga in una tasca e tira fuori il tesserino con la foto: è Ken Loach,
il grade regista cinematografico ormai 81enne, il cantore dell’epopea
della classe operaia britannica. Qualcuno lo riconosce e ne approfitta
per un selfie , mentre lui non si sottrae a una chiacchierata
improvvista.
Mr Loach, lei ha partecipato alla campagna laburista,
ha fatto anche dei film a suo sostegno. Come sarà la Gran Bretagna
proposta da Jeremy Corbyn?
«Sarà un Paese che si opporrà al potere
delle corporations , che restituirà i servizi chiave come i trasporti,
il gas, l’acqua, l’elettricità alla proprietà pubblica. Sarà un vero
allontanarsi dal neoliberismo verso un’agenda socialista radicale. Se
Corbyn porta in Parlamento gente votata a questo programma, ci sarà un
grande slittamento dal programma neoliberale in tutta Europa».
Ma
in un mondo dominato dai mercati finanziari internazionali, è possibile
un’agenda socialista radicale nella sola Gran Bretagna?
«Non solo è
possibile, ma è necessario. C’è una grande rabbia fra la gente, in
tutto il Continente, contro ciò che il neoliberismo ha prodotto: ma
questa rabbia emerge come sostegno per l’estrema destra. Dobbiamo invece
fare in modo che sia indirizzata costruttivamente, non verso lo
sciovinismo».
In effetti questo scontento ha alimentato i populismi, ha prodotto Trump e la Brexit...
«Attenzione, con la Brexit è diverso. La maggioranza di chi ha votato per uscire dalla Ue erano conservatori».
Ma tanti nella classe operaia hanno votato contro l’Europa...
«Non
esageriamo, un terzo dei voti per uscire erano ex laburisti ma due
terzi erano conservatori di destra. Quello che è accaduto in Europa è
comunque dovuto al fallimento di personaggi come Hollande o Blair: la
socialdemocrazia si è legata agli interessi del grande business .
Abbiamo bisogno di programmi sociali più radicali: solo allora la gente
sosterrà la sinistra».
Dunque secondo lei la crescita dei movimenti populisti di destra è imputabile al fallimento della socialdemocrazia?
«Assolutamente
sì: guardiamo a cosa era accaduto in Germania prima della guerra, dove
il fallimento della socialdemocrazia aprì la strada al fascismo».
Ma nel voto per la Brexit c’era anche il risentimento verso gli immigrati.
«La
gente è in realtà preoccupata per il lavoro, la casa, la sanità, le
scuole: non c’è un’impennata del razzismo. Certo, alla gente non piace
se qualcuno viene a fare il loro lavoro per una paga inferiore, è
inevitabile. Corbyn insisterà che tutti siano pagati allo stesso modo,
così che gli immigrati non danneggino i lavoratori. In questo modo
rimuovi le cause del risentimento».
E di Corbyn come persona cosa dice?
«È
un amico, lo conosco da molti anni: è una persona normale, non accecata
dal suo ego. Uno con cui prendere una tazza di tè. Per questo ispira
affetto tra la gente comune».
E soprattutto fra i giovani.
«Certo, perché sono disgustati sia dai conservatorie che dal vecchio Labour di Blair».
Accetterebbe di fare il ministro della Cultura in un governo laburista?
«Ma no, c’è bisogno di qualcuno più giovane, io sono solo un militante di base...».
E qual è allora il ruolo di un intellettuale come lei?
«Il
ruolo di persone come me è di richiamare il Labour ai principi. Si
possono fare aggiustamenti tattici, ma questi sono i principi a cui
bisogna aderire. Questo è il ruolo di noi intellettuali: e anche di voi
giornalisti».