venerdì 15 settembre 2017

Corriere 15.9.17
Calendari tagliati e stand vuoti Il flop delle Feste dell’Unità che mette a rischio le casse dem
di Pierpaolo Velonà

Il vecchio adagio dell’evento bagnato e per questo baciato dalla fortuna non vale per le Feste dell’Unità. A Imola, dove il Pd ha organizzato la sua kermesse nazionale — dal 9 al 24 settembre — le piogge dei giorni scorsi hanno trasformato la manifestazione in un flop. Dibattiti annullati e stand deserti. L’unica eccezione ieri, quando il ministro Minniti, come spesso gli accade, ha registrato il pienone. Un’anomalia. «Qualche sera fa c’erano 13 gradi, chi volete che venga con queste temperature?», ripete il segretario del Pd di Imola Marco Raccagna per farsi coraggio.
Ma nel partito è risaputo che gli acquazzoni non bastano a spiegare la mutazione genetica delle Feste: da prima forma di autofinanziamento del Pd a causa di voragini nelle casse delle federazioni.
Ne sono consapevoli proprio a Imola dove, per evitare rischi eccessivi, hanno organizzato un evento in tono minore evitando gli spazi sterminati dell’Autodromo e puntando sul Lungofiume dove la poderosa macchina emiliana ha partorito un topolino: appena 5 ristoranti e una piazzetta dedicata allo street food.
A Bologna, per dire, i ristoranti sono 15. Ma il capoluogo emiliano è l’esempio più efficace della crisi. L’anno scorso, per la prima volta nella sua storia, la Festa bolognese si è chiusa con un passivo di circa 100.000 euro. Uno smacco per una federazione capace di organizzare fino al 2011 una kermesse da 4 milioni tondi di incasso. Un’era geologica fa. L’anno scorso, in cassa, sono finiti appena 2 milioni e 450.000 euro. E anche allora il partito ha dato la colpa al maltempo oltre che a un passo falso inatteso: l’invito di William Shatner, il capitano Kirk di Star Trek , il cui cachet stellare è diventato il capro espiatorio del buco.
L’altra nota dolente della Festa bolognese sono da tempo i visitatori. Ai tempi dei Ds accorrevano al Parco Nord fino a 2 milioni di persone. Un numero dimezzato negli anni scorsi. Fino a quando, ad agosto, i dirigenti si sono astenuti dal pronosticare il tradizionale milione di visite : «Ci attendiamo 900.000 spettatori». Anche quest’obbiettivo al ribasso, però, a tre giorni dalla chiusura, resta lontano. Colpa anche delle defezioni. La Cgil ha ritirato il suo stand in polemica con il Jobs act . E da tempo Arcigay non si fa più vedere.
Non va meglio nel resto d’Italia. A Bergamo la Festa è stata organizzata a maggio e non d’estate ed è durata solo due giorni invece di 15. A Modena, il ministro Poletti ha parlato in una sala di sedie vuote. A Viterbo i dibattiti hanno registrato una media di venti spettatori. E due sere fa, a Firenze, ad ascoltare Orfini c’erano 19 persone.
Andrea Rossi, reggiano, responsabile Organizzazione del Pd nazionale, non nasconde la polvere sotto il tappeto: «È da 12-13 anni che le feste, al netto della pubblicità, sono in passivo. Non mi preoccupa la partecipazione ma i bilanci. Quando devi allestire una cittadella, con tutte le misure di sicurezza, parti già con un passivo enorme». Perché non cambiare format? «Difficile cambiare schema. Una volta aspettativi il segretario che dettava la linea. Oggi il leader parla di continuo. I dibattiti più partecipati sono con figure extrapolitiche: a Reggio Emilia è andata benissimo Cristiana Capotondi».