Repubblica 14.7.17
Evviva il padre che scende dal piedistallo patriarcale
La crisi della figura paterna e il suo possibile riscatto
di Massimo Recalcati
L’interrogativo
che questo piccolo libro pone in modo nuovo riguarda quello che resta
del padre nell’epoca della sua evaporazione. Questa era la domanda che
mi interessava, non solo come psicoanalista, ma anche come padre: cosa
resta del padre nel tempo della sua dissoluzione? Nel tempo in cui la
sua autorità e la sua forza normativa sembrano essersi irreversibilmente
esaurite? Dobbiamo buttare via tutto del padre? Dobbiamo dire basta coi
padri? Constatare il suo coma senza speranza? Il padre è un ferro
vecchio della cultura patriarcale che deve essere archiviato senza
alcuna nostalgia? Il carattere neo-libertino del nostro tempo sembra non
aver dubbi a proposito: si tratta di sopprimere senza indugi il padre
come limite
insopportabile alla nostra libertà e alla nostra
volontà illimitata di godimento. Il nostro tempo è un tempo
intrinsecamente parricida. Se la figura del padre è innanzitutto quella
figura che custodisce il senso dell’impossibile, il comandamento sociale
oggi dominante proclama, contro ogni padre, che tutto è possibile,
proclama una libertà che rigetta ogni esperienza del limite e della
mancanza.
Di fronte a questa deriva che non coinvolge
evidentemente solo la psicoanalisi, ma la nostra intera società, la mia
prospettiva voleva essere diversa. Non unirmi al coro che celebra la
morte del padre – la nudità del Re è, del resto, un’evidenza sotto gli
occhi di tutti –, né essere tra coloro che ne rimpiangono
nostalgicamente l’assenza – non c’è ai miei occhi niente di più odioso
del paternalismo e dei suoi derivati –, ma provare a ripensare
radicalmente la funzione paterna. Come? Cosa, appunto, resta del padre?
Si tratta di ripensare la sua identità non più dall’alto della gloria
del suo comando infallibile o del suo potere, ma, come direbbe il
giovane Marx della dialettica di Hegel, “dai suoi piedi”. È questa la
vera posta in gioco di questo piccolo e fortunato libro: ripensare il
padre dai suoi piedi. Questo significa innanzitutto non rinunciare al
padre, evitando però di situarlo nella posizione verticale dell’Ideale,
del Padrone, della guida infallibile, dell’autorità che ha l’ultima
parola sul senso della vita e della morte, del bene e del male, del
giusto e dell’ingiusto. Significa correggere la rappresentazione
patriarcale del padre. Qual è il centro di questa rappresentazione
ideologica? Il padre con baffi o barba, virile, austero, maschio, sposo
di una donna che vive accanto al focolare domestico, il padre
depositario della parola che chiude tutti i discorsi, simbolo di una
Legge che schiaccia il desiderio nutrendosi del suo potere. È questa la
versione del padre del patriarcato. Ebbene, come sappiamo, questo padre è
evaporato. Ma questo padre – il padre dello “sguardo severo” e della
voce grossa della tradizione patriarcale – esaurisce l’essere del padre
in quanto tale? Il suo tramonto non ci conduce forse a cogliere, proprio
nel tempo della sua fine, della sua estinzione, il vero statuto del
padre e della sua funzione? Il padre che resta al tramonto del padre del
patriarcato è il padre del dono della parola piuttosto che del suo
sequestro, è il simbolo di una Legge che non si realizza tanto nella
proibizione e nell’interdizione, ma che sa aprire la vita alla forza del
desiderio; è quella figura che sa generare un rispetto che non passa
dal timore ma che si genera dalla testimonianza. Pensare il padre dai
piedi significa considerare il padre come colui che porta la parola e
non come colui che la rivendica di sua proprietà, come colui che sa
aprire e non chiudere i discorsi, come colui che sa, attraverso i propri
atti, non porsi come modello esemplare da imitare, ma come testimone.
Di cosa? Del fatto che la vita può avere un senso, uno splendore, può
essere sottratta alla tentazione della distruzione. In quel che resta
del padre, dai suoi piedi, dalla sua caduta dal piedistallo patriarcale,
è custodita, in realtà, la vera funzione del padre: umanizzare la
Legge, liberarla dalla violenza cieca della Legge, unire e non opporre,
come ricorda Lacan, la Legge al desiderio. In questo senso Cosa resta
del padre? è un libro cristiano nel senso più radicale del termine. Esso
vede nel resto del padre – del padre che resiste – l’emancipazione
della Legge dal volto sacrificale, patibolare, sadico della Legge. Come
Gesù afferma di essere venuto per portare a compimento la Legge – quella
della tradizione ebraica – liberandola dalla sua intrinseca violenza,
del carattere solo vendicativo della Legge, attraverso la potenza
dell’amore, allo stesso modo il padre testimone di cui parlo in questo
libro costituisce un tentativo di condurre la Legge del padre al suo
compimento, ovvero liberarla da un uso solo normativo-repressivo della
Legge stessa. Il padre che dice “No!” – il padre dell’interdizione –, è
corretto dalla figura del padre come donatore, capace di amare e non
opprimere la libertà segreta del figlio, è corretto dalla figura del
padre del “Si!”. Questo “Si!” non cancella il “No!” ma porta, appunto,
cristianamente a compimento la natura simbolica dell’interdizione
svelandola come una donazione: la donazione della possibilità del
desiderio da una generazione all’altra.
È questa la lezione che
Cosa resta del padre? raccoglie da alcuni testimoni chiave e
contemporanei di questa figura del padre testimone: Lacan innanzitutto,
ma anche La strada di Cormac Mc Carthy, Patrimonio di Philip Roth e
l’ultimo cinema di Clint Eastwood. Quale lezione? Quella che la
paternità – nel tempo del declino della sua rappresentazione patriarcale
– non può essere ridotta ad un evento della biologia, del sangue, della
stirpe, del sesso del genitore. I padri sono in questo senso sempre
molteplici e irriducibili alle vicende del romanzo familiare come, per
fare un solo esempio, accade al giovane Tao protagonista, insieme al
vecchio ombroso Walt, di Gran Torino di Eastwood. Il padre non coincide
con lo spermatozoo: c’è padre solo dove c’è la trasmissione di una
eredità capace di umanizzare la Legge, c’è padre solo dove c’è
testimonianza che la vita può essere desiderata sino alla sua fine, c’è
padre solo quando si offre al figlio una versione singolare della forza
del desiderio, c’è padre, come afferma Lacan, quando la Legge sa
incarnarsi nel desiderio.
IL LIBRO Cosa resta del padre? di
Massimo Recalcati (Raffaello Cortina pagg. 140, euro 12). Il libro esce
oggi con una nuova prefazione