Repubblica 10.7.17
La voglia di fascismo crescente e le nostre debolezze
di Piero Ignazi
NOSTALGIA
del fascismo? Gli episodi degli ultimi tempi, dal raduno con braccia
tese nel saluto romano al cimitero monumentale di Milano alla lista
ispirata palesemente al fascismo nel comune mantovano di Sermide fanno
pensare ad un ritorno di fiamma del passato.
LA realtà è più
sfumata. Per prima cosa non si può dimenticare che, fino a vent’anni fa,
c’era un partito al governo — Alleanza Nazionale — che affondava le
proprie radici, non del tutto recise, nel (neo)fascismo. Infatti, quando
Gianni Alemanno diventò sindaco di Roma nel 2008 fu salutato al
Campidoglio da un manipolo di camerati con il saluto romano. E un
beniamino dei tifosi della Lazio andò alla curva dello stadio per
festeggiare il goal con la stessa modalità nostalgica (ovviamente senza
nessuna sanzione).
C’è quindi un retroterra assai solido rispetto a
questi ultimi episodi; e girando l’Italia si incontrano osti con il
vino Benito, locali con scritte del ventennio, bancarelle con cimeli del
Duce, fino al caso dello stabilimento balneare di Chioggia di cui dava
conto Repubblica ieri. Il fascismo è stato un fenomeno di tale
importanza, penetrato “totalitariamente” in ogni ganglio della società
per due decenni, che non è bastato l’eroismo dei pochi che hanno
combattuto per la libertà per estirparlo dalla cultura politica profonda
del nostro paese. Ancora una volta, “non è stata una parentesi”. Anzi,
come diceva Piero Gobetti, narrava la nazione come ne fosse l
‘autobiografia. Con un lascito così ingombrante e senza aver fatto alcun
esame di coscienza lasciando, o forse sperando,che si stendesse una
coltre di oblio sul passato senza doverlo rinvangare, non sorprende che
di tanto in tanto riemergano fenomeni di nostalgia. Ma questi sono solo
la punta di un iceberg: ma non di un fascismo risorgente, quanto della
debolezza della cultura liberale e democratica.
Gli ostacoli che
ancora oggi vengono continuamente frapposti alla espansione dei diritti
civili, un tempo non a caso sostenuti solo da sparute minoranze attive
come quella dei radicali di Marco Pannella, sono un segno della
difficoltà a far diventare moneta corrente i cardini dello stato di
diritto. Separazione dei poteri, rispetto per le minoranze, accettazione
(in ogni ambito) del dissenso, faticano ad infrangere il profondo
desiderio per una figura di autorità che metta tutti a tacere. Sia la
società civile, ripiegata a fare i propri interessi senza nessun senso
dello Stato, che la politica, scissa tra incapacità a rispondere alle
domande dei cittadini e pulsioni plebiscitarie stimolate da capi e
capetti, favoriscono un allontanamento dai principi e dalle istituzioni
democratiche.
È in questo contesto che matura l’insoddisfazione
radicale verso “il sistema” e fanno breccia coloro che propongono
visioni alternative e modalità diverse di agire politico. Il fenomeno
Casa Pound, pur nella sua dimensione ancora limitata, è emblematico
della capacità di attrazione che hanno riferimenti nostalgici mixati con
quella domanda di identità e appartenenza che circola nella società
italiana. Ancora più del pastiche ideologico di Casa Pound, attrae
l’offerta di una militanza che si trasforma in comunità politica. Se
movimenti come questo, e altri che ruotano nella galassia nera
dell’estrema destra, si radicano in fasce giovanili è perché tutti i
partiti hanno abbandonato il rapporto con la società civile, o lo
attivano solo in maniera strumentale, senza quel coinvolgimento ideale e
progettuale che rilancerebbe la loro immagine.
La democrazia
necessita di continua manutenzione per non farla scadere a ritualità.
Questi segnali di una ricerca di alternative radicali incrinano la
certezza che le istituzioni e i principi che le governano siano al
riparo da crisi più profonde.