Repubblica 10.7.17
La misericordia per i peccatori, spiegata nel Corano, avvicina il Dio dell’Islam a quello del cristianesimo
Come dice il libro sacro: lui è “il Primo e l’Ultimo, il Manifesto e l’Occulto”
Non somiglia a niente. Eppure somiglia all’uomo e al mondo e questi gli assomigliano
Perché l’essenza di Allah è nel perdono
di Pietro Citati
In
nessuna religione, mai, l’unicità di Dio ha avuto un ruolo così
intenso, violento ed esasperato come nell’Islam. “Non vi è divinità
all’infuori di Dio”: vale a dire; “non vi è nulla che esiste all’infuori
di Dio”. Come dice al-Ghazali (1058-1110), all’inizio del “Rinnovamento
delle scienze religiose” (“Scritti scelti”, a cura di Laura Veccia
Vaglieri e Roberto Rubinacci, Utet), “nella sua essenza egli è Uno senza
socio, Singolo senza simile, Signore
senza oppositore, Solo senza
rivali, Eterno senza un prima, Perpetuo senza un principio, Perenne
senza un ultimo, Sempiterno senza fine, Sussistente senza cessazione,
Continuo senza interruzione”.
Allah è “il Primo e l’Ultimo, il Manifesto e l’Occulto”, dice il
Corano.
Non è un corpo con una forma, né una sostanza con limite e misura. Non è
simile a cosa alcuna: misure non lo limitano, né lo contengono spazi.
Egli è:
non lo circoscrivono lati: non lo racchiudono terre né
cieli; è seduto sul Trono senza contatto, assestamento, insediamento,
dimora, spostamento. Egli non abita in cosa alcuna, né alcuna cosa abita
in lui: è troppo elevato perché lo possano contenere luoghi, troppo
puro perché lo possano limitare tempi; anzi Egli era prima di creare
tempi e luoghi. Egli è l’Unico che non ha contrari, il Signore che non
ha opposti, il Ricco che non ha bisogno, il Potente che fa ciò che
vuole, il Sussistente, il Dominatore delle cose inerti, degli animali e
delle piante, Colui che ha la grazia, la maestà, lo splendore e la
perfezione. Se un uomo è rinchiuso nell’inferno, basta che egli conosca
l’unicità di Dio perché lasci l’inferno. Come disse Maometto: “Chiunque
dice: ‘non vi è Iddio se non Iddio, entrerà in Paradiso’”.
Nel suo
bel libro L’esoterismo islamico (Adelphi), Alberto Ventura esplora
Allah, senza cessare di paragonarlo alle figure divine nella Qabbalah,
nel Tao, nella cultura indiana e in pseudo-Dionigi l’Areopagita. Non
possiamo che implorare Allah: “O Dio, dice al-Ghazali, ti chiedo una
grazia totale, una protezione continua, una misericordia completa,
un’esistenza felice: ti chiedo beneficio perfetto e favore completo,
generosità dolcissima, bontà affabile. O Dio sii con noi e non contro di
noi. Attua largamente le nostre speranze, congiungi i nostri mattini e
le nostre sere, versa in gran copia il tuo perdono sulle nostre colpe,
accordaci il favore di correggere i nostri difetti, o Potente, o
Perdonatore, o Generoso, o Sapiente, o Onnipotente. O Primo dei primi, o
Ultimo degli ultimi, o più Misericordioso della misericordia”.
Al-Ghazali
insegue tutti gli aspetti di Dio. Allah è oltre ogni nome e attributo,
oltre ogni condizione e relazione, oltre tutte le apparenze e gli
occultamenti, oltre ogni palesarsi e nascondersi, oltre ogni
congiungimento e separazione, oltre tutte le contemplazioni e le
intuizioni, oltre ogni cosa pensata e immaginata. Egli è oltre l’oltre, e
poi oltre l’oltre, e poi ancora oltre l’oltre. Egli è il Principio
infinito, incondizionato e immortale, che non può venire racchiuso entro
i confini della ragione umana. È l’essere e il non-essere, il
manifestato e il non manifestato, il suono e il silenzio. La sua
immagine più adeguata è una notte tenebrosissima, nella quale non si può
scorgere nulla di determinato e preciso.
Allah non somiglia a
niente: nessuna cosa gli somiglia; la sua mano non somiglia alle altre
mani, né la sua penna alle altre penne, né la sua parola alle altre
parole, né la sua scrittura alle altre scritture. Eppure somiglia al
mondo e all’uomo e il mondo e l’uomo gli assomigliano: “se non ci
fossero le somiglianze, l’uomo non potrebbe elevarsi dalla conoscenza di
sé stesso alla conoscenza del creatore”. Allah determina tutte le cose.
Non avviene, nel mondo inferiore e in quello superiore, batter di
ciglio, balenar di pensiero, subitaneo volgere di sguardo, se non per
decreto, potere e volontà di Dio. Da lui proviene il male e il bene,
l’utilità e il danno, l’Islam e la miscredenza, la conoscenza e la
sconoscenza, il successo e la perdita, il vero e il falso, l’obbedienza e
la disobbedienza, il politeismo e la fede. Anche il male – insiste
al-Ghazali – e gli atti di ribellione umana non accadono per volontà di
Satana ma di Dio. A volte egli proibisce ciò che vuole, e ordina ciò che
non vuole. Non ha scopi, mentre gli uomini hanno scopi precisi.
Desidera ciò che desidera senza alcun timore; e decide e fa quello che
vuole, senza timore. Se ti fa perire, egli ha già fatto perire un numero
infinito di tuoi simili e non ha smesso di tormentarli. “Sorveglia i
tuoi respiri e i tuoi sguardi – dice al-Ghazali – e sta bene attento a
non distrarti da Dio un solo istante”. A volte egli ci protegge da ogni
tribolazione e malattia: ma egli non ha mai, in nessun momento, obblighi
verso di noi o verso il mondo, di cui non ha assolutamente bisogno.
Come
diceva Ali Bakr, la nostra assoluta incapacità di comprendere Dio è il
nostro modo supremo di comprenderlo: sapere che noi siamo esclusi da lui
è la nostra vera vicinanza. “Lode a colui che ha stabilito per le
creature una via alla sua comprensione attraverso l’incapacità di
comprenderlo”. Quando Dio entra nel cuore umano, la luce vi risplende,
il petto si allarga, scopriamo il mistero del mondo, la grazia della
misericordia cancella il velo dell’errore, e brilla in noi la realtà
delle cose divine. Il cuore ripete il nome di Dio, fino a quando la
lingua lo pronuncia incessantemente, senza essere comandata. Da
principio è un rapido baleno che non permane, poi ritorna, si ritira,
passa, ritorna. Tuttavia nemmeno in questo istante esiste in al-Ghazali
quella identificazione con Dio, che altri mistici islamici (come al-Hal-
laj) esperimentano e di cui parlano inebriati. Al-Ghazali preferisce
parlare di annientamento dell’uomo: anzi di annientamento
dell’annientamento, “perché il fedele si è annientato rispetto a sé
stesso, e si è annientato rispetto al proprio annientamento: in quello
stato egli è incosciente di sé stesso e incosciente della propria
incoscienza”. Rispetto al Principio supremo, ogni elemento della realtà,
se viene considerato in sé e per sé, è quasi insignificante, quasi
illusorio, quasi un puro nulla. Ma al tempo stesso esso è significante
perché è capace di riflettere l’Assoluto increato. Allora il molteplice
manifesta l’essenza, e il passaggio dal molteplice all’uno e dall’uno al
molteplice è istantaneo. Così il mare, dice Ibn Arabi, si moltiplica
nella forma delle onde, pur rimanendo sé stesso. Dio è altro rispetto
alle cose: ma non così altro da escludere ogni somiglianza; dunque è
insieme altro e simile. Se qualcuno dicesse: “non conosco che Dio
eccelso” direbbe la verità; ma se dicesse “non conosco Dio eccelso”,
direbbe ugualmente il vero. Questa – sottolinea Alberto Ventura – è la
profonda doppiezza, ambiguità e ricchezza della vita e della cultura
islamica.
Quando l’intelletto umano è libero dagli inganni della
fantasia e dell’immaginazione, esso può vedere le cose come sono. È
quella che al-Ghazali chiama la condizione profetica: nella quale
rifulgono le tavole dell’invisibile, le leggi dell’Altra vita, le
conoscenze su Dio che vanno oltre la portata dello spirito intellettivo.
Dio dunque si può vedere. Ci sono persone che vedono le cose tramite
lui, e altre che vedono le cose e tramite le cose vedono lui. I primi
hanno una visione diretta di Dio: i secondi lo deducono dalle sue opere;
i primi appartengono alla categoria dei giusti, i secondi a quella dei
sapienti. Talvolta Dio si manifesta così intensamente e in modo così
esorbitante, che viene occultato. Come dice il Corano, Dio è nascosto
dietro settanta (o settecento o settemila) veli di luce e di tenebra: se
egli li rimuovesse, il suo sublime splendore brucerebbe chiunque sia
giunto vicino a lui con lo sguardo. Dio si nasconde dietro sé stesso. La
sua luce è il suo velo.
Secondo una tradizione raccontata dal
Al-Ghazali, Dio ha detto: “Se il mio servo commette un peccato grande
come la terra, io lo accolgo con un perdono grande come la terra”.
Quando l’uomo pecca, l’angelo tiene sollevata la penna per sei ore: se
l’uomo si pente e chiede perdono, l’angelo non registra il peccato a suo
carico; se continua a peccare, registra il suo peccato soltanto come
una cattiva azione. Dio non si stanca di perdonare finché il suo servo
non si stanca di chieder perdono. Se il fedele si propone una buona
azione, l’angelo la segna prima che egli l’abbia compiuta e, se la
compie, gliene vengono registrate dieci. Quindi Dio la moltiplica fino a
settecento volte.
Allah perdona sopratutto i grandi peccatori.
Come dice Maometto: “Io ho la facoltà di intercedere per i grandi
peccatori. Credi forse che userei questa facoltà per gli uomini
obbedienti e timorati? No, essa riguarda soltanto gli insozzati dalla
mente confusa”. Ibrahim, figlio di un emiro della Battriana, racconta:
“Mentre una volta giravo intorno alla Ka’ba, in una notte piovigginosa e
scura, mi fermai presso la porta e dissi: ‘mio Signore preservami dal
peccato, affinché mai io mi ribelli a Te’. Una voce proveniente dalla
Ka’ba mi sussurrò: ‘O Ibrahim mi chiedi di preservarti dal peccato e
tutti i miei servi mi chiedono questo. Se io preservassi te e loro dal
peccato, su cosa riverserei la mia grazia e chi perdonerei?’”. Il
perdono di Dio: sia per gli islamici sia per i cristiani, questa è
l’essenza della rivelazione di Allah.