La Stampa 6.7.17
In 122 restano in carcere perché mancano i braccialetti elettronici
Pronto il bando del ministero per 12.000 nuovi dispositivi
di Grazia Longo
Il
Viminale ipotizza che entro agosto potrebbero arrivare i 12 mila nuovi
bracciali elettronici per monitorare i detenuti agli arresti
domiciliari. Intanto 122 persone sono in attesa di uscire dalla prigione
per la mancanza di questo dispositivo di sorveglianza.
A
riproporre la questione della loro annosa carenza è la mancata
scarcerazione di due detenuti noti: l’attore Domenico Diele, arrestato
per omicidio stradale a Salerno, e l’imprenditore Alfredo Romeo, a
Regina Coeli con l’accusa di corruzione per lo scandalo Consip.
Per
loro due, come per tutti gli altri, è però possibile che possano essere
reperibili alcuni bracciali dei duemila già in funzione - grazie al
servizio «chiavi in mano» di Telecom - ma finora destinati ad altri
reclusi.
I duemila apparecchi sono stati attivati nel 2001 e
applicati in questi anni a 8.856 detenuti per un totale di quasi 2
milioni di giorni (1 milione e 901 giorni per l’esattezza) e per una
spesa complessiva di 173 milioni di euro.
L’esigenza di
utilizzarli, tuttavia, non ha mai fine. Di qui la gara europea bandita
dal ministero dell’Interno per 12 mila nuovi dispositivi. Tre le società
ammesse al bando: Fastweb spa, Rti Engineering ingegneria informatica e
Telecom Italia Spa. La gara d’appalto a normativa europea, con
aggiudicazione sulla base del criterio dell’offerta più vantaggiosa, ha
un importo complessivo a base di gara pari a circa 45 milioni di euro.
Anche
questa volta si otterrà un servizio «chiavi in mano». Nel senso che
tutti gli strumenti, gli apparati e il «software» messo a disposizione
per rendere operativo il servizio resteranno di proprietà della società
appaltatrice. Il braccialetto elettronico in realtà è una cavigliera ed è
dotato di una centralina che ha la forma di una radiosveglia e che va
installata nell’abitazione in cui deve essere scontata la pena. Un
device riceve il segnale dal braccialetto e lancia l’allarme per
eventuali tentativi di manomissione e in caso di allontanamento del
detenuto.
Il tema del ricorso al braccialetto elettronico si
inserisce in quello più ampio del sovraffollamento delle carceri
italiane. Al momento, nei nostri istituti penitenziari si trovano 57.350
detenuti, contro i 44 mila posti previsti sulla carta. «La possibilità
di concedere i domiciliari con il supporto della sorveglianza
elettronica contribuisce sicuramente ad alleggerire le condizioni
all’interno delle nostre carceri - osserva Donato Capece, segretario del
Sappe, sindacato autonomo della polizia penitenziaria -. Bisognerebbe
incrementarli e invece non ce n’è mai abbastanza. Non c’era certo
bisogno della mancata scarcerazione di detenuti eccellenti come Diele e
Romeo per sapere che le dotazioni dei braccialetti è ampiamente
insufficiente rispetto alle reali necessità».
Capece è convinto
che «le prigioni rimangono piene di persone che invece potrebbero da
subito scontare la pena sul territorio. Il dramma di questo Paese -
accusa - è che nessuno mai paga per questi sprechi e per questi errori. E
nel frattempo in carcere proliferano le tensioni che spesso mettono in
crisi il lavoro degli agenti di polizia penitenziaria. Fino a situazioni
estreme come il suicidio». Il problema dell’indisponibilità del
braccialetto elettronico, del resto, è finito anche all’esame della
Corte di Cassazione, sia nel 2015 che alle Sezioni Unite nel 2016.
Secondo la Cassazione la mancanza dell’apparecchio di sorveglianza non
può determinare la temporanea permanenza in carcere dell’indagato poiché
non si tratta di «una prescrizione che inasprisce la misura» ma solo di
una modalità di controllo. Di qui la convinzione che una volta valutata
adeguata la misura cautelare dei domiciliari «l’applicazione ed
esecuzione di detta misura non può essere condizionata da eventuali
difficoltà di natura tecnica e/o amministrativa». Di fatto spetta al
giudice considerare la possibilità dei domiciliari senza il braccialetto
elettronico o la permanenza in carcere in attesa che esso sia a
disposizione.