La Stampa 5.7.17
I nostri passi nella Terra Incognita della materia oscura e dei neutrini
Gli
esperimenti dal Gran Sasso all’Antartide, passando per Chicago “Tanti
indizi ci svelano che non tutto finisce con il Modello Standard”
di Nicla Panciera
«La
cosa più incomprensibile dell’Universo - ha scritto Albert Einstein - è
che sia comprensibile». Prova ne sono le leggi fisiche che ci
permettono di prevederne il funzionamento. Oggi, abbiamo due solide
teorie - la meccanica quantistica e la Relatività generale - che sono
però incompatibili: là dove si incontrano generano divergenze
insormontabili e i modelli creati su di loro generano ulteriori
problemi. Risolverli, e costruire un’unica teoria capace di spiegare
l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, è l’obiettivo degli
scienziati che, armati di intuizione fisica e abilità matematica, si
dedicano a singoli pezzi del puzzle senza sapere ancora se l’incastro
perfetto avverrà limando le varie tessere o modificandone la forma.
La
conferenza della «European Physical Society» servirà a far incontrare
un migliaio di fisici teorici, particellari e cosmologi che, insieme,
proveranno a dare un senso ai nuovi risultati dei test in corso. Tra le
questioni irrisolte c’è la natura della materia oscura, la «dark
matter». Questa costituisce all’incirca il 25% della densità globale
dell’Universo, ma, nonostante le indicazioni cosmologiche che ne
attestano l’esistenza, «finora nessuno ha visto niente», ammette il
fisico Mauro Mezzetto, direttore della sezione dell’Infn di Padova che
ha organizzato il meeting e «chair» del congresso. Per rilevare il
misterioso elemento, che ha scarsissime interazioni con la materia
ordinaria, si prova di tutto. Dalle rilevazione dirette, le più
convincenti ma difficili, obiettivo dell’esperimento «Xenon» dell’Infn
al Gran Sasso, fino alla ricerca di segnali riconducibili alla sua
presenza, come nel test «Ams» sulla Stazione spaziale internazionale,
passando per l’utilizzo degli acceleratori di particelle, che consentono
interazioni ad alta energia.
Ma il tempo stringe, avverte Mezzetto:
«Incrementando di 10 volte la potenza degli strumenti, questi
arriveranno ad una sensibilità tale da non poter più distinguere la
rilevazione dei neutrini da quella della materia oscura. A quel punto ci
dovremo fermare, ripensare la tecnologia e forse anche la teoria
stessa». Un’altra grande sfida, d’altra parte, è costituita proprio dai
neutrini: l’esistenza di una massa, seppure piccolissima, provata con la
scoperta delle loro oscillazioni, contraddice il famoso Modello
Standard delle particelle. Tuttavia, di questi elusivi «mattoncini»
ancora non conosciamo alcune proprietà fondamentali, come il valore
della massa, la loro natura e numero. Scoprirle potrebbe aprire una
finestra sulla nuova fisica. E così oggi è diventato «frenetico» il loro
studio.
Ai neutrini i ricercatori dell’Infn stanno dando la caccia
nel cuore degli Appennini, sotto il Gran Sasso (con i test «Borexino»,
«Cuore» e «Gerda»), e nelle profondità del Mediterraneo (con «KM3NeT»),
ma gli studi avvengono anche altrove, come in Antartide (protagonista è
l’esperimento americano «IceCube»). Due tra i più avanzati esperimenti
del mondo vedono i fisici italiani in prima fila: uno è il «Tokai to
Kamioka - T2K», in corso in Giappone, con un enorme rilevatore di
neutrini, il Super-Kamiokande, che vuole capire meglio le differenze di
massa tra i tipi di neutrini. E poi il sofisticato «Icarus», ideato dal
Nobel Carlo Rubbia in allestimento al FermiLab di Chicago, che dovrà
dare la conferma dell’esistenza o meno del quarto tipo di neutrini,
quelli «sterili»: sono loro che potrebbero fornire il primo caso di
particelle non previste dal Modello Standard.
«Siamo in una fase di
fervente esplorazione e ci sono grandi aspettative per i risultati in
arrivo», annuncia Mezzetto. Proprio i neutrini potrebbero rivelarci
informazioni sugli eventi cosmici catastrofici da cui hanno avuto
origine, ma anche sulla nascita dell’Universo e sulla rottura della
simmetria tra materia e antimateria. «Potrebbero cambiare gli orizzonti
della fisica». E, forse, consegnarci una Teoria del Tutto. Ma, per ora,
hic sunt leones.