La Stampa 10.7.17
Intellettuali e professori
fuggono in Germania
di Walter Rauhe
Era
venuta a Berlino lo scorso mese di gennaio solo per partecipare a un
convegno sulla letteratura contemporanea turca organizzato dalla
Humbodt-Universität. Riattivando lo smartphone subito dopo
l’atterraggio, la scrittrice Yildiz Cakar trovò un sms inviatole da un
amico durante il volo: tutti i dirigenti, la segretaria e gran parte dei
membri dell’Unione degli scrittori curdi a Diyarbakir, nel Sud-Est
della Turchia, erano stati arrestati dalla polizia e anche contro di lei
era stato emesso un mandato di cattura per «propaganda a favore di
un’associazione terroristica». Per Yildiz Cakar, giunta in Germania per
un paio di giorni e con appresso solo un bagaglio a mano, non c’era più
possibilità di ritorno. Da allora vive in esilio a Berlino con un
permesso di soggiorno come rifugiata politica.
È il destino di
centinaia di altri suoi connazionali fuggiti alle repressioni e alle
retate ordinate dal presidente turco Erdogan dopo il fallito colpo di
Stato nell’estate 2016. Solo nel mese di maggio le autorità tedesche
hanno riconosciuto lo status di rifugiati politici a 750 cittadini
turchi. E molti intellettuali, giornalisti, professori universitari e
funzionari dei partiti dell’opposizione costretti alla fuga hanno scelto
per il loro esilio forzato la metropoli sulla Sprea, con duecentomila
immigrati, nuova patria di una delle più grandi e vivaci comunità turche
all’estero.
Can Dundar vive qui da ormai 10 mesi. Fra i più noti e
autorevoli giornalisti, saggisti e documentaristi turchi, Dundar è
accusato dal governo di Ankara di spionaggio e alto tradimento per aver
denunciato il coinvolgimento dei servizi segreti turchi nelle forniture
di armi agli estremisti islamici dell’Isis. «Berlino è oggi per noi,
come nel 1933 fu Parigi per gli esuli dalla Germania nazista».