il manifesto 5.7.17
Per i migranti l’alternativa c’è
di Luigi Manconi
Tra
le molte insidie della discussione pubblica sul tema dell’asilo e
dell’immigrazione, c’è quella – velenosissima – che porta a raffigurare
la situazione come uno scenario nichilista senza salvezza, senza rimedio
e senza via d’uscita.
Non è affatto così. In questa materia,
politiche razionali e intelligenti, pur ardue e faticose, sono possibili
e previste tra le pieghe dalle normative e delle convenzioni europee; e
alcune di esse sono state già sperimentate e diffusamente applicate con
un certo successo.
Nel 2013, all’indomani del naufragio di Lampedusa
del 3 ottobre, avanzammo una serie di proposte molto concrete per
affrontare la crisi umanitaria nel Mediterraneo. L’obiettivo era quello
di evitare la lunga e dolente teoria delle morti in mare e l’intenzione
quella di indurre l’Unione europea a farsi carico della questione
migratoria adottando meccanismi di condivisione e solidarietà tra gli
Stati.
Innanzitutto fu elaborato un piano di ammissione umanitaria,
molto dettagliato e circostanziato, che prevedeva canali legali e sicuri
verso l’Europa per i profughi bisognosi di protezione: un piano ancora
attuale e sempre più necessario. La seconda proposta riguardava la
possibilità che il governo italiano ricorresse alla concessione della
protezione temporanea ai profughi sbarcati sulle nostre coste in base a
quanto previsto dalla direttiva 55 del 2001. Ed è, questa, una
opportunità estremamente importante che va presa in serissima
considerazione al più presto. Quella direttiva, infatti, stabilisce
standard minimi per la concessione della protezione temporanea in caso
di afflusso massiccio, nonché la promozione dell’equilibrio degli sforzi
tra gli Stati membri che accolgono gli sfollati. La durata della
protezione temporanea è di un anno e gli Stati membri sono obbligati a
indicare la propria capacità di accoglienza; e a cooperare per il
trasferimento della residenza delle persone da uno Stato all’altro.
Nei
giorni scorsi ho riproposto in molte sedi l’adozione di questo
provvedimento, e così hanno fatto Radicali italiani e Comunità di
Sant’Egidio, come alternativa all’idea, difficilmente praticabile e da
scongiurare, della chiusura dei porti italiani alle navi dei profughi. A
ulteriore sostegno della richiesta sulla protezione temporanea, da
avanzare rapidamente in sede Ue, si ritrova nella storia recente del
nostro Paese un concreto e istruttivo precedente. Nel 2011 il governo
Berlusconi di fronte agli arrivi, già allora consistenti, di profughi
provenienti dalla Tunisia, concesse «un permesso di soggiorno per motivi
umanitari», della durata di 6 mesi, rinnovati in seguito per un altro
anno. Qualora una richiesta analoga del governo italiano al Consiglio
europeo non venisse accolta, si potrebbe comunque procedere all’adozione
a livello nazionale di un provvedimento simile a quello del 2011. A
marzo di quell’anno, alcune migliaia di tunisini entrarono o provarono a
entrare in Francia muniti di permesso temporaneo valido per
attraversare le frontiere: si aprì un contenzioso con l’Italia e la
questione si impose a livello europeo. A maggior ragione oggi, in un
contesto molto più delicato, precario e complesso, porre in questi
termini la necessità di una presa in carico della gestione dei flussi da
parte di tutti gli Stati membri avrebbe un impatto forte, senza mettere
a rischio l’incolumità delle persone in fuga.
Velleitario? Poco
credibile? Ma davvero qualcuno può pensare che la concessione di un
permesso di soggiorno per motivi umanitari sia meno realistica della
cupa distopia della «chiusura dei porti italiani»?