il manifesto 4.7.17
Migranti, il gran rifiuto di Francia e Spagna alle richieste italiane
Immigrazione.
Macron: «Indispensabile mantenere le nostre frontiere». Oggi la
Commissione Ue discute dell’emergenza nel Mediterraneo
di Carlo Lania
Non
c’è nessun accordo tra Italia, Germania e Francia per quanto riguarda i
migranti. O almeno non c’è sul punto più importante, quello su cui il
premier Paolo Gentiloni e il ministro degli Interni Marco Minniti hanno
maggiormente insistito negli ultimi giorni, fino al punto di minacciare
la chiusura dei porti: vale a dire convincere i partner dell’Unione a
far sbarcare i migranti salvati nel Mediterraneo in altri scali europei e
non più solo in quelli italiani. La proposta non piacerebbe infatti a
Francia e Spagna – i due paesi principalmente interessati visto che i
porti in questione sarebbero quelli di Marsiglia e Barcellona – e
difficilmente potrà passare al vertice dei ministri degli Interni e
della Giustizia in programma giovedì e venerdì a Tallinn, in Estonia.
A
confermare la resistenza dei due Paesi sono state ieri fonti
diplomatiche di Bruxelles, ma è stato lo stesso Emmanuel Macron a
prendere ulteriormente le distanze dalla proposta parlando ieri a
Versailles. «Bisogna accogliere i rifugiati politici che corrono un
rischio reale, senza però confonderli con i migranti economici e senza
abbandonare l’indispensabile mantenimento delle nostre frontiere», ha
detto il presidente francese ribadendo un concetto già espresso giorni
fa a Berlino, durante un incontro preparatorio al G20 che si terrà ad
Amburgo, ma aggiungendo un particolare in più, non certo casuale, come
il riferimento alle «nostre frontiere». A novembre scade infatti la
deroga al trattato di Schengen e Parigi non potrà rinnovarla. Stessa
posizione, anche se con toni più diplomatici, da parte della Spagna, che
ha ricordato come ogni intervento in tema di migranti debba essere
concordato unitariamente agli altri leader europei.
Da mesi
l’Italia chiede all’Europa tre cose per far fronte alla crisi provocata
dall’alto numero di arrivi nel nostro paese: una riforma del regolamento
di Dublino che sollevi i paesi di primo sbarco dell’onere di farsi
carico dei migranti; di far funzionare il meccanismo dei ricollocamenti
(scade a settembre e finora si è dimostrato un fallimento) e infine la
disponibilità di altri Paesi ad accogliere le navi cariche di disperati.
Il minivertice di domenica sera a Parigi tra i ministri degli Interni
di Italia, Francia e Germania doveva servire proprio a preparare il
terreno in vista del summit di Tallinn, ma alla fine il ministro Minniti
ha portato a casa solo l’impegno a poter riscrivere le regole con cui
potranno operare le Ong quotidianamente impegnate nei salvataggi nel
canale di Sicilia. Regole più rigide che tra l’altro dovrebbero
prevedere il divieto di entrare in acque libiche e trasparenza sui
finanziamenti (ma già oggi tute le navi impegnate nei soccorsi sono
coordinate dalla sala operativa della Guardia costiera). Dal minivertice
di Parigi è uscito anche l’impegno per maggiori finanziamenti alla
guardia costiera libica, un aumento dei rimpatri e la promessa di
un’accelerazione sui rimpatri (l’Italia chiede che vengano coinvolte
anche nazionalità diverse da siriani ed eritrei, come avviene ora).
La
crisi italiana sarà discussa oggi dalla Commissione europea che
dovrebbe presentare alcune proposte utili a diminuire i flussi e che
potrebbero servire come base per la discussione di Tallinn. «Sarà un
piano d’azione molto concreto». ha detto ieri un portavoce della
commissione. E’ probabile che ci sia l’invito a finanziare il Fondo per
l’Africa (ieri l’Estonia ha versato un milione) e a anche a contribuire
maggiormente con i ricollocamenti. Ma è facile ipotizzare come gli
sforzi maggiori saranno destinati a capire come intervenire in Africa e
in particolare a sud della Libia. nei giorni scorsi si è parlato della
possibilità di una missione europea ai confini con il Niger (ovviamente
con l’assenso del governo di Niamey). Ma non sono escluse altre
possibilità, come quella, elaborata nei giorni scorsi da Francia e
Olanda in un documenti riservato, di utilizzare le formazioni militari
messe a disposizione d Mali, Niger, Mauritania, Ciad e Senegal, i cinque
Paesi che dal 2014 danno vita al G5 Sahel. Si tratta di 10 mila uomini
impegnati principalmente in operazioni contro il terrorismo, ma anche
potrebbero essere impiegate anche per contrastare le carovane di
migranti che ogni giorno attraversano il confine tra Niger e Libia per
poi provare a raggiungere l’Europa.