il manifesto 14.7.17
Landini lascia la Fiom, arriva Re David
Assemblea
Generale. «Mi dimetto, la vecchia segreteria rimette il mandato». Poi
l’assist alla «nuova segretaria»: «Le soluzione transitorie sono come le
firme tecniche, servono continuità e innovazione». L’addio di
«Maurizio» è stato digerito dal popolo della Fiom grazie ad un sapiente
distillato di annunci nelle ultime settimane. Oggi l’elezione della
prima donna
Francesca Re David e Maurizio Landini
Massimo Franchi
Edizione del
14.07.2017
Pubblicato
13.7.2017, 23:59
Chi
si aspettava un lungo discorso per prendere commiato che ripercorresse i
sette anni di lotte, vittorie e sconfitte è rimasto deluso. Il discorso
di addio di Maurizio Landini alla Fiom «è il più breve che gli ho
sentito fare in questi anni», ricorda divertito Enzo Masini. Qualche
occhio lucido c’è, a volte anche i suoi. Che fanno da contraltare alla
seriosità della giacca con cravatta «rossa Fiom» sfoggiata per
l’occasione. L’aver distillato gli annunci nelle scorse settimane ha
ridotto il pathos dell’Assemblea generale che questa mattina ratificherà
il passaggio di consegne con Francesca Re David.
In quindici
minuti Landini usa «la franchezza che conoscete» per spiegare la sua
scelta e fissare i binari su cui la Fiom continuerà a muoversi nei
prossimi anni. Lo fa già nel ruolo di «segretario confederale» e quindi
di «centro regolatore», la vetusta espressione che si usa in Cgil per
definire la voce dell’organizzione. Usa sempre il «noi», parlando sempre
a nome della Fiom in cui ha passato tutta la sua carriera sindacale.
Solo nel finale gli scappa un «vostra», ma poi si riprende.
LA
PRIMA SORPRESA del suo discorso riguarda proprio l’indicazione dei tempi
che sotterra la possibilità di un traghettamento di Re David fino al
congresso del prossimo anno. «Le soluzioni transitorie sono come le
firme tecniche, una cazzata», dice facendo riferimento a quelle chieste
dalla Cgil ai tempi di Pomigliano sul contratto Fiat. «Quando si elegge
un segretario, si elegge un segretario: è una cosa seria. Quando si dura
dipende poi da quello che si fa, ma pensare a incarichi a tempo farebbe
male alla Fiom e alla persona», chiosa sul tema.
L’altra novità è
«che l’intera segreteria rimette il mandato nelle mani del nuovo
segretario come assunzione di responsabilità perché non è importante la
fedeltà a qualcuno ma la lealtà all’organizzazione». Concetto ripreso
dalla segretaria in pectore nel pomeriggio: «A settembre proporrò un
allargamento della segreteria nazionale a cui anche la Cgil porterà un
contributo»; «no ad una segreteria di transizione, il cambiamento va
messo in pratica da subito», spiega Re David. Il tutto in nome «della
reciprocità e normalità dei rapporti» fra Cgil e Fiom a chiudere anni di
baruffe e portando un segretario in confederazione 16 anni dopo Angelo
Airoldi con «l’obiettivo di arrivare ad un congresso unitario» nel
prossimo autunno.
LA STAFFETTA Landini- Re David ha due punti
fermi: «la continuità e un processo di rinnovamento». «L’esperienza mi
ha rafforzato l’idea che fare il segretario della Fiom è bello ma
complicato, nessuno nasce imparato. Serve esperienza sul piano
contrattuale e dell’organizzazione. Servono conoscenze, capacità di
relazione e di lavorare collegialmente». Il punto diventa
un’autocritica: «Francesca ha una capacità di ascolto più alta di quella
che ho avuto io». Quindi se la continuità significa «rispetto
dell’identità che abbiamo costruito» dovrà andare di pari passo «con la
sperimentazione e il rinnovamento che abbiamo già in parte praticato,
non solo sul piano generazionale ma del nostro modo di lavorare e
ragionare specie nell’innovazione contrattuale». Attenti però a non
arrivare allo scontro generazionale o alla rottamazione: «L’età non è
mai sinonimo di innovazione: i segretari più innovativi sono stati
quelli che avevano l’età più alta», dice senza citare Sabattini.
Re
David dunque è stata scelta per quello che l’ex rappresentante della
minoranza camussiana Gianni Venturi definisce «profilo istituzionale»,
auspicando una gestione unitaria anche in Fiom.
LA CARATTERISTICA
principale è però quella di essere la prima donna alla guida della Fiom
in 116 anni di storia. «La scelta di una donna ci richiama alla cultura
della diversità, di un processo che dovremo portare avanti, come anche
da richiami fatti al sottoscritto in questi anni». Come nota più tardi
il segretario confederale Franco Martini (presente al posto di Susanna
Camusso, a Bruxelles per un convegno su Bruno Trentin) fa della Cgil
l’organizzazione più femminista in Italia: «sono donna il segretario
generale e da domani quattro delle prime cinque federazioni» (Filcams,
Fp, Fiom e Flai ), creando un problema al contrario», scherza, «mentre
l’organizzazione invece continua a basarsi su logiche maschiliste»,
conclude più serio.
Solo l’ultimo passaggio della relazione
Landini la dedica ad un bilancio della sua gestione parlando della
«riconquista del contratto nazionale unitario votato da tutti (tranne
gli artigiani), mentre all’inizio del mio mandato non ne avevano neanche
uno unitario».
DA LUNEDÌ LANDINI prenderà possesso del suo nuovo
ufficio al secondo piano di Corso Italia. La prima segreteria nel
pomeriggio definirà le deleghe accordate da Susanna Camusso. Che come
annunciato ieri dal nuovo vicino di corridoio Franco Martini saranno in
primis «la politica industriale» ora nelle mani di Vincenzo Colla,
emiliano come lui e ad ora più serio candidato alla successione di
Susanna Camusso assieme a Serena Sorrentino.
E PROPRIO IL
CONGRESSO è stato un tema lungamente trattato da Landini, naturalmente
senza mai parlare di una sua possibile candidatura. L’obiettivo per
adesso è un altro: «La Cgil senza pluralismo non è la Cgil. Abbiamo
davanti una fase molto complicata e difficile per fare scelte
strategiche. La mia entrata in segreteria confederale è un messaggio di
libertà di discussione, senza posizioni precostituite, non contano le
rendite ma le idee. Mi batterò per regole democratiche perché ogni
iscritto possa contare», spiega. L’urgenza è reale: «Dobbiamo fare in
fretta dei cambiamenti perché diversamente nei prossimi anni è a rischio
l’esistenza stessa del sindacato generale». Un cambiamento «per
ricostruire un’unità vera del mondo del lavoro fondando sull’autonomia
un nuovo progetto di modello sociale», conclude. Sembrano le parole dei
tempi della Coalizione sociale. E invece sono la via per arrivare a
cambiare la Cgil. L’applauso della platea è lungo, ma nessuna standing
ovation. Il passaggio di consegne è già stato digerito. Il popolo della
Fiom va avanti. Anche senza Maurizio.