il manifesto 13.7.17
La manifestazione del 1 luglio a Santi Apostoli
Se la tattica soffoca il bisogno di nuove strategie
di Paolo Favilli
Negli
interventi pronunciati alla manifestazione del 1 luglio a Santi
Apostoli a proposito del confuso quadro delle possibili forme unitarie a
sinistra, credo vadano colti i riferimenti di Bersani a precisi punti
programmatici perché possono essere un buon inizio per un confronto
concreto.
Alcuni di quei punti, se considerati nella pienezza dei
contesti tanto immediatamente operativi che di valutazione analitica,
possono davvero essere indicativi di una inversione della direzione.
Il
fatto è, però, che le possibilità di sviluppo in tale direzione sono
legate non semplicemente ad una loro enunciazione, ma alla loro
collocazione in un percorso e in una dimensione critica che possa
renderle davvero credibili come prospettiva non legata solo alle
necessità contingenti del momento politico.
Nella manifestazione
di Santi Apostoli, in particolare nel discorso conclusivo, tale
prospettiva è rimasta occultata, dalla caligine spessa della chiacchiera
politicista, del discorso sostanzialmente vacuo nei contenuti, ma ricco
di segnali di fumo relativi ad una gamma assai mobile di possibilità di
posizionamento in schieramenti pre e/o post elettorali. Una caligine
che non è stata sciolta, ma appena diradata, nel Forum «C’è vita a
sinistra» (il manifesto, 8 luglio).
A Santi Apostoli, lo stesso
Bersani, che pure si è confrontato con elementi di concretezza passibili
di positivo sviluppo, ha nel contempo rivendicato le politiche
economico-sociali di alcuni lustri con la motivazione che si trattava di
una diversa fase politica. Ora il partito cui Bersani apparteneva
veniva da lontano, di fasi politiche assai differenti ne aveva
affrontate parecchie e di conseguenza si era trasformato, ma mai in
maniera tale da fare proprie le ragioni dei propri antagonisti storici.
Oggi
persino Renzi emette qualche borbottio nei confronti del fiscal
compact. Ma può essere derubricato ad «errore» un atto che
costituzionalizza una particolare teoria, anzi meglio, narrazione,
ideologia economica? Quella stessa ideologia contro la quale si è
costruito tutto il complesso fecondissimo della teoria critica che, in
vari modi, per un secolo e mezzo è stata carne e sangue della storia del
movimento operaio e socialista? Ora bisogna pure tentare l’abbozzo di
una spiegazione delle ragioni per cui possa esistere una fase politica
in cui sia possibile un’operazione del genere da parte di una forza che,
in qualche modo, di quella storia ha continuato a dichiararsi erede.
Qualsiasi
progetto anche vagamente unitario, nella molteplicità delle forme
possibili, non può non partire dalla riflessione sul fatto che la
partecipazione convinta delle varie «cose» alle caratteristiche
culturali ed operative, alle logiche complessive della fase di
accumulazione in corso, sia stata davvero la sostanza di un lungo ed
incisivo periodo storico. E non si tratta di affermazioni ispirate da
«furore iconoclasta», «estremiste», secondo l’espressione che D’Alema ha
usato in un’intervista a questo giornale (20 giugno), bensì dei
risultati di studi seri prodotti, e non solo in Italia, da quasi tutto
l’arco delle scienze storico-sociali.
Mi rendo perfettamente conto
di quanto sia difficile per i protagonisti di una vicenda durata più di
vent’anni fare i conti con i lineamenti profondi di quella storia, ma
forse proprio la contestualizzazione storica dei punti programmatici
evocati può aiutare a riprendere una visione non tattica bensì
strategica della politica.
Naturalmente esistono anche le
necessità, i pericoli della contingenza politica. In quale modo
coniugare questo nostro immediato presente con le tappe del difficile
percorso di costruzione del soggetto politico basato sulla critica
operante? Ragionando in termini di analisi sistemica (non sistematica)
La
qual cosa comporta che la considerazione del momento attuale si pone
all’interno di un reticolo di relazioni spaziali e temporali che lo
trascendono, ma che nello stesso tempo danno conoscenza reale della
natura pluridimensionale del contesto. La prospettiva del soggetto
politico, delle sue possibilità, delle sue forme è momento essenziale
dell’analisi, così come la riflessione seria sui venticinque anni di
storia che abbiamo alle spalle.
Il momento attuale è un incrocio
di percorsi, è un presente come storia e nello stesso tempo è una
proiezione nella costruzione del futuro.
Solo all’interno di
questa dimensione analitica la «discontinuità» conclamata dai Pisapia,
dai D’Alema, da tutti i sostenitori di un «nuovo» centrosinistra, può
acquisire determinazione di significato. In mancanza di analisi è solo
l’ennesima forma di astuzia verbale, di perseveranza della tattica in
primo luogo.