venerdì 7 luglio 2017

Il Fatto 7.7.17
Lo strano caso dell’archeologa promossa per esser pensionata
Il colmo del vicedisastro - Irene Berlingò, 65 anni, finita a dirigere la Soprintendenza di Reggio e mandata a casa pochi giorni dopo
di Giampiero Calapà

Succede in Italia che un’archeologa iper-titolata, esperta di Magna Grecia, vinca una selezione per il posto di soprintendente di Reggio Calabria nel novembre 2016. Succede che il ministero dei Beni culturali guidato dal “vicedisastro” (copyright Matteo Renzi) Dario Franceschini neppure due mesi dopo averla fatta insediare la cacci con un decreto di pensionamento immediato. Succede solo pochi giorni dopo che lo stesso ministero – quello del pasticcio del bando sui direttori di museo stranieri, per capirci – convochi la stessa persona a sostenere, fra l’altro, un colloquio per la carica di direttore del Museo etrusco di Villa Giulia a Roma. Succede che Irene Berlingò si ritrovi dal 1° febbraio 2017 senza stipendio, né pensione perché non è stato rispettato il preavviso di sei mesi, necessario per l’iter burocratico di attivazione dell’Inps. Succede, soprattutto, che la Soprintendenza di Reggio Calabria, cuore della Magna Grecia ricca di siti archeologici di importanza inestimabile, dal 1° febbraio sia rimasta senza guida.
Non sono cronache marziane. La storia di Irene Berlingò, 65 anni, socio corrispondente dell’Istituto archeologico germanico dal 2005, già direttrice di musei, funzionaria con un curriculum lungo tredici pagine, è la sintesi perfetta dell’inefficienza combinata con sciatteria e rigore burocratico tipica del grigiore italico.
“La Magna Grecia è il mio più grande amore, ho lavorato molto al Sud per questo motivo”, spiega Berlingò. Così è felicissima quando la spunta nella selezione per guidare la Soprintendenza di Reggio Calabria. “Un’immensa soddisfazione, una vita di studi premiata”, racconta oggi. È fine novembre 2016 quando s’insedia nella sede di piazza Castello sulla sponda calabra dello Stretto di Messina. “Ho 65 anni, credevo addirittura di finire nel buco della legge Fornero: chi è del 1952 non riesce ad andare in pensione prima di aver compiuto 66 anni e dieci mesi”. Invece, colpo di scena, il Mibact (orribile acronimo che indica il ministero dei Beni culturali e del turismo) invia alla Berlingò, in data 25 gennaio 2017, con cinque giorni di preavviso, il decreto di pensionamento “senza nessuna norma – non si dà pace l’archeologa – che li obblighi a farlo, in modo del tutto incomprensibile, decide di attuare questa strategia anche se produce di fatto di finire sotto organico, anche a livello di dirigenti”.
A rendere questa storia ancora più assurda c’è un altro particolare, che mostra quanto nello stesso palazzo di via del Collegio Romano nella Capitale, sede del Mibact, evidentemente non si parlino tra un ufficio e l’altro. Altrimenti non si spiegherebbe in che modo Irene Berlingò possa esser stata convocata dal Mibact per un colloquio previsto in data 20 gennaio, cinque giorni prima della ricezione del decreto di pensionamento datato 10 gennaio (sic.), per il posto di direttore del Museo etrusco nazionale di Villa Giulia a Roma. E non si spiega, senz’altro, il fatto che la decisione di mandare a casa – per utilizzare un’espressione molto in voga – l’archeologa il 1° febbraio significhi avere ancora oggi scoperto il posto di soprintendente di Reggio Calabria: “In corso di assegnazione”, si legge sulla pagina web ufficiale dedicata. Il ricorso della “pensionata” doveva essere discusso qualche giorno fa a Roma, ma il giudice ha rinviato l’udienza a novembre: il Mibact ha sostenuto la competenza del foro di Reggio. Peccato che nel contratto firmato dalla Berlingò c’è scritto il contrario. Ma il danno è fatto. “Figuratevi – racconta ancora l’archeologa pensionata forzatamente – che, al massimo della carriera da funzionario, prendevo 1700 euro al mese. Peraltro, mi avevano versato già lo stipendio di febbraio, ma se lo sono ripresi dal conto, tanto che pensai a una clonazione della mia carta bancomat”.
Massì, che importa del sito di Kaulon a Monasterace Marina e del più grande mosaico della Magna Grecia? Che importa della città antica di Locri Epizefiri e delle sue meraviglie da secoli sepolte? Che importa di Medma nella disperazione di Rosarno? Si aggiustino questi calabresi.