Il Fatto 6.7.17
Tortura, passa la legge “salva forze di polizia”
Guanto
di velluto - Anche la Corte europea, che aveva condannato l’Italia per
la violenza al G8 di Genova, ha criticato le nuove norme
Tortura, passa la legge “salva forze di polizia”
di Gianluca Roselli
Il
reato di tortura è ufficialmente inserito nell’ordinamento giuridico
italiano. La legge è passata in quarta lettura ieri alla Camera con 198
voti a favore, 35 contrari e 104 astenuti. I numeri della votazione
fotografano una norma che non ha convinto molte delle forze presenti in
Parlamento. Il testo, infatti, passa per il sì di Pd e Ap, mentre Mdp,
partito di maggioranza, si è astenuto insieme a Sc, M5S e Sinistra
italiana. L’introduzione del nuovo reato prevede pene severe, con la
reclusione da 4 a 10 anni, che aumentano fino a un massimo di 12 se a
commettere il reato è un pubblico ufficiale o un appartenente alle forze
dell’ordine (tutti quindi possono essere accusati per questo reato, non
solo i soggetti in divisa).
Il cammino della legge è stato assai
accidentato e ci sono voluti quattro anni e altrettanti passaggi
parlamentari perché il provvedimento vedesse la luce. Il testo è la
sintesi di diverse proposte di legge: si è partiti nel luglio 2013 in
Senato per arrivare alla Camera nell’aprile 2015, per poi tornare
nuovamente a Palazzo Madama, da cui è stato licenziato il 17 maggio
scorso, e infine di nuovo a Montecitorio. Un testo controverso cui il
suo principale ispiratore, Luigi Manconi (Pd), ha voltato le spalle in
corso d’opera perché “è stato completamente stravolto rispetto
all’intento iniziale”. La maggiore critica riguarda proprio l’articolo 1
secondo cui “chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con
crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma
psichico a una persona privata della libertà o affidata alla sua
custodia (…) è punito con la reclusione da 4 a 10 anni”. I critici da
sinistra, come Manconi, sostengono che i traumi psichici possono
manifestarsi anche dopo anni, quindi siano difficili da dimostrare. La
legge, inoltre, dice che “il fatto deve essere commesso mediante più
condotte ovvero se comporta un trattamento inumano o degradante per la
dignità della persona”. L’azione, dunque, deve essere “reiterata”. Ma
anche questo suscita perplessità. Il casus belli è il G8 di Genova e
l’irruzione alla Diaz nel 2001. Quell’azione, accaduta soltanto quella
sera, secondo gli stessi magistrati che hanno seguito il caso, con la
nuova norma non si configurerebbe come tortura. “Non è vero”, ha
risposto in Aula il piddino Walter Verini, “i fatti di Genova
rientrebbero in questa fattispecie di reato e sarebbero severamente
puniti. Questa legge è un passo nella direzione giusta”.
Il testo è
stato definito “impresentabile” pure da Amnesty International e
Antigone. “La norma è inapplicabile. Limitare la tortura ai soli
comportamenti reiterati e relativi anche a fatti psichici è assurdo per
chiunque abbia conoscenza del fenomeno”, dicono. Aggiungendo che “la
volontà di proteggere gli appartenenti delle forze dell’ordine è venuta
prima dell’intenzione di fare una buona legge”.
Il cammino del
testo nel 2015 si stava quasi arenando e ci è voluta la condanna
all’Italia da parte della Corteo europea dei diritti umani di
Strasburgo, proprio per i fatti di Genova, a far riprendere il cammino.
Ma la stessa Corte negli ultimi giorni ha espresso critiche su questo
testo, invitando il Parlamento italiano a modificarlo.
Da destra,
invece, le critiche vanno in senso opposto: Lega, Forza Italia e Fdi
hanno votato contro perché ritendono questa legge punitiva nei confronti
delle forze dell’ordine. “Siamo di fronte a un suicidio assistito delle
indagini. C’è il rischio di denunce strumentali nei confronti delle
forze dell’ordine”, ha affermato in Aula il forzista Paolo Sisto. “È
un’infamia voluta dal Pd per criminalizzare le forze dell’ordine”,
afferma Giorgia Meloni. “Dal Parlamento esce un testo gattopardesco”,
osserva invece Daniele Farina di Sinistra italiana. “Sono stati messi
troppi paletti che renderanno difficile l’accertamento del reato oltre
ogni dubbio”, sottolinea Vittorio Ferraresi dei 5 Stelle.
Pur
avendo ratificato nel 1989 la convenzione dell’Onu contro la tortura,
l’Italia finora non si era mai dotata di una legge specifica, al
contrario di altri Paesi europei. Il testo approvato ieri prevede anche
che un soggetto non possa essere estradato verso un Paese dove si
pratica la tortura, mentre le dichiarazioni estorte con metodi violenti
non saranno utilizzabili in un processo.