Corriere 20.8.18
Andrea Ganna, il ricercatore del «gene dei gay»: «Ne esiste più d’uno»
Lo studioso, 33 anni di Varese: «Abbiamo dimostrato la presenza di migliaia di varianti, isolandone cinque. Questo esclude ogni ipotesi di manipolazione del Dna»
di Elvira Serra
Non è pericoloso dire che non esiste un «gene gay»? Apre la porta a quanti sostengono che solo l’ambiente condiziona l’orientamento sessuale. Con quel che ne consegue, per esempio, per le tantissime e felici famiglie arcobaleno.
«Ma infatti non è corretto dire che non esiste un gene gay. Semmai, il titolo esatto è: “Non esiste un solo gene gay”. Ci sono moltissime varianti, e noi ne abbiamo isolate cinque, ma sono migliaia! Il contributo genetico, nella definizione dell’omosessualità, è pari a un terzo o un quarto».
Andrea Ganna, 33 anni, originario di Varese, ha coordinato la ricerca monstre appena pubblicata su Science, che ha messo in relazione le varianti del Dna con l’omosessualità. Laurea in Statistica all’università di Milano Bicocca, Phd al Karolinska Institutet di Stoccolma, postdoc al Massachusetts General Hospital e, adesso, group leader nel Laboratorio europeo di Biologia molecolare dell’Istituto di medicina molecolare finlandese, ha al suo attivi già quaranta pubblicazioni e otto premi e menzioni d’onore.
A chi è venuta l’idea di lavorare a questa ricerca?
«A me e ad altri gruppi di colleghi, uno in Inghilterra, uno in Olanda e uno in Australia. Io in quel momento lavoravo nel Broad Institute di Mit e Harvard, negli Stati Uniti: adesso mi sono appena trasferito ad Helsinki. Anziché competere, abbiamo deciso di creare un consorzio internazionale in cui potessimo affrontare insieme questo progetto».
Con un materiale monumentale: i 470 mila Dna della banca dati britannica «Uk Biobank» e della statunitense «23andMe».
«In realtà quei dati sono accessibili a tutti i ricercatori qualificati, facendo una domanda scientifica appropriata, ovunque si trovino nel mondo. Noi abbiamo deciso di sfruttarli per il nostro lavoro».
Non è «deludente» dal punto di vista scientifico il fatto che non esista un «gene gay»?
«Al contrario, è un bene: se ci fosse, qualcuno proverebbe a modificarlo, come dimostra il caso di He Jiankui, il ricercatore cinese che ha annunciato di aver alterato il Dna degli embrioni di sette coppie durante i trattamenti di fertilità. Abbiamo invece dimostrato la presenza di una componente genetica molto complessa: così complessa che esclude qualunque possibilità di modifica».
Che cosa l’ha appassionata di più nel coordinare questa ricerca?
«Oltre a lavorare in gruppo su un materiale così ampio? È stato interessante il fatto che ci siamo preoccupati di come comunicare i risultati nel modo adeguato, prima della pubblicazione. Abbiamo coinvolto gruppi Lgbt dai quali abbiamo ricevuto molti input utili e abbiamo creato un sito dove sono state raccolte tutte le informazioni sulla ricerca (https://geneticsexbehavior.info/)».
Torniamo a lei: si sente un cervello in fuga?
«No».
Pensa di ritornare in Italia?
«Al momento no, conto di stare in Finlandia almeno per qualche anno. Poi si vedrà».
https://spogli.blogspot.com/2019/08/corriere-20.html