venerdì 1 febbraio 2019

Repubblica 1.2.19
Le lettere di Corrado Augias Leopardi, il Papa e il piacere
risponde Corrado Augias


Caro Augias, la " benedizione" della sessualità da parte del Papa è più rivoluzionaria di quanto appaia. Il tema già aveva avuto negli ultimi decenni una riabilitazione. Questa apertura esplicita inizia a scalfire la diffidenza con cui il cattolicesimo ha sempre trattato il piacere, ostacolo alla spiritualità, la sua compressione un mezzo per l’ascesi.
Una "sublimazione della negazione" che non vale solo per il sesso, ma per molti altri bisogni: il cibo, cui la dottrina contrappone pratiche di digiuno; il riposo (veglia); la socialità (clausura); la curiosità (divieto); l’innovazione (tradizione); la comprensione (mistero); l’indagine (obbedienza); la democrazia (sottomissione). Questa predilezione per la sofferenza ha raggiunto nei secoli più bui livelli estremi (autoflagellazione, cilicio, ecc.), fino allo scandaloso uso salvifico della tortura nell’inquisizione, come tormento estremo ma consentito, per ottenere la confessione e salvare l’anima pur maciullando le carni. Il binomio dolore-gloria contro piacere-colpa da tempo è messo in discussione. È grazie al pensiero laico che si sta operando questa riconciliazione bio-psiché nelle spiritualità più avanzate.
Lettera firmata

Quale fosse la concezione del cattolicesimo di papa Francesco si era capito fin dall’uscita di quel suo piccolo libro dal titolo eloquente: Evangelii gaudium, la Gioia del Vangelo. La pratica religiosa vista come comunicazione, scambio, aiuto reciproco, attenzione al prossimo, in definitiva esultanza, in alto i cuori. Quest’idea si oppone nettamente a quella repressiva d’impronta controriformistica che ha a lungo dominato, soprattutto in Italia e in Spagna. Mi sono imbattuto in questa luttuosa concezione della spiritualità occupandomi di Giacomo Leopardi che di sua madre Adelaide dà questa tremenda descrizione: «Non compiangeva i genitori che perdevano i loro figli bambini ma gl’invidiava intimamente perché erano volati in paradiso senza pericoli, e avean liberato i genitori dall’incomodo di mantenerli. Trovandosi più volte in pericolo di perdere i suoi figli nella stessa età, non pregava Dio che li facesse morire, perché la religione non lo permette, ma gioiva cordialmente […] Questa donna aveva sortito dalla natura in carattere sensibilissimo ed era stata così ridotta dalla sola religione» . Parole che sarebbero crudeli se non descrivessero una realtà ancora più crudele. Nello Zibaldone il poeta torna più volte sull’argomento. Per esempio: «La perfezione del Cristianesimo mette in pregio la solitudine e il tenersi lontano dagli affari del mondo per fuggire le tentazioni. Vale a dire per non far male a’ suoi simili. Bel mezzo di non far male, quello di non fare alcun bene». Ancora: «Che vantaggio può venire alla società se l’individuo perfetto non deve far altro che fuggir le cose per non peccare? Impiegar la vita per preservarsi dalla vita? Tanto varrebbe il non vivere». Non sorprende che le Operette Morali siano finite all’Indice e che un uomo fiducioso come Francesco Bergoglio si batta per esortare più a praticare il bene che non a sfuggire il male.


https://spogli.blogspot.com/2019/02/repubblica-1_19.html