Il Fatto 2.2.19
B. oramai è di casa dentro “Repubblica”
di Daniela Ranieri
A
un certo punto di ieri abbiamo pensato di avere le traveggole: sulla
home page di Repubblica comparivano simultaneamente tre, ripetiamo: tre
rimandi al messaggio diramato in mattinata su Radio Capital da
Berlusconi (proprio “quel” Berlusconi); il quale Berlusconi a quanto
pare ha eletto i media del gruppo Gedi a suoi organi preferiti, visto
che solo il giorno avanti distillava saggezza dalle pagine di
Repubblica.
Forse è una forma molto astuta di controinformazione
da parte di Repubblica, nel qual caso la saluteremmo come una svolta in
senso squisitamente artistico, se non situazionista viennese, se non
proprio dada, del giornale che ha passato gli ultimi venticinque anni a
spiegare al mondo quanto quel signore fosse un tipo da evitare, al
massimo uno a cui chiedere conto di ragazzine di Casoria e candidature
di showgirl e veline. Forse, al giorno d’oggi, intervistare
compulsivamente B. prendendo sul serio le sue proposte politiche e
resistendo alla tentazione di rinfacciargli a ogni parola l’aver fatto,
l’aver detto, l’essere, l’avere e l’apparire, è un tentativo di
compensare l’informazione tendenziosa e unilaterale scartando diciamo di
lato, come a dire: “Pure il peggiore dei politici ha qualcosa da
insegnare a quelli attuali” (Del resto Scalfari l’aveva detto: meglio
Berlusconi che Di Maio, e Repubblica è pur sempre scritta col font
“Eugenio”).
Fatto sta che questa particolare riedizione delle
“chiacchiere davanti al caminetto” di Roosevelt, affidate a uno che
tanto ha contribuito al progresso sociale, economico e morale del Paese,
ci ha colpito al punto che per una volta ci siamo messi di buzzo buono
ad analizzare il contenuto senza badare all’emittente, perché in fondo
se un giornale tanto autorevole dedica per due giorni di fila tanto
spazio a uno con la fedina penale e morale di B., qualcosa di
interessante ne dovrà pure sortir fuori.
C’è da dire che Silvio
non delude, e quella che per noi è una boutade per lui è una seria
ipotesi di lavoro: “Con questo governo, con questi grillini, in molti mi
rimpiangono”. L’autoironia è il prezzo che paga al sarcasmo; in realtà
intende: “Vi attaccate persino a uno come me per dire quanto vi fanno
schifo i grillini”. Claudio Tito, che lo intervista, cerca di mettere
zizzania all’interno del cosiddetto, finto e puramente vestigiale
centrodestra (“Lei dice che il M5S è il vero pericolo per il Paese,
intanto la Lega ha fatto il Governo con loro. O il centro-destra non c’è
più o Salvini deve farlo cadere”), come se B. fosse un uomo di
principi, che teme le contraddizioni e cerca di sanarle con la coerenza.
Infatti Silvio eroicamente resiste, oltrepassa, s’atteggia a emerito, e
poi butta lì: “Molti affermano che nel Parlamento, dopo la caduta di
questo governo, emergerà una maggioranza diversa da quella attuale… Mi
risulta che molti parlamentari, anche fra i Cinque Stelle, si rendano
conto che le politiche del governo ci stanno portando verso una nuova
grave crisi e che sentano il dovere di fronte ai loro elettori e al
Paese di fare qualcosa per cambiare questa situazione”. “Fare qualcosa”,
insegnano i silviologi, nel vocabolario berlusconiano vuol dire “agire
per ottenere favori e agevolazioni”. E “mi risulta” significa che le
indagini di mercato sono già a buon punto. Ecco così che a metà
intervista si palesa il vero motivo di questa orazione in punta di
penna: lanciare a tutti gli scilipoti e responsabili del Parlamento
l’appello a convergere nel grande giardino di Silvio, dove scorrono
fiumi di latte e il miele stilla dagli alberi. Purtroppo Tito, oltre
alle 10 domande, dimentica che sta parlando col Prescritto dal Signore
anche per la compravendita senatoriale che tanto lustro portò alle
Istituzioni; poi insieme parlano male di Di Maio, il cialtrone che
“provoca gli italiani” parlando di boom economico (incidentalmente uno
dei due interlocutori è quello del “nuovo miracolo italiano”, ndr).
A
Circo Massimo su Radio Capital, di buon mattino, il vecchio saggio
precisa a Massimo Giannini i cardini della sua Arte della guerra:
“Mattarella certamente non vuole andare a nuove elezioni a poco più di
un anno rispetto alle ultime, quindi se in Parlamento si verificasse il
formarsi di un gruppo che potrebbe spostare la maggioranza dalla attuale
a un governo di centrodestra, credo che il presidente Mattarella
sarebbe molto soddisfatto”. La soddisfazione di Mattarella come criterio
su cui basare le sue scelte è un cadeau di raffinatezza squisita
(ricordiamo che ufficialmente B. ruppe il patto del Nazareno perché
Renzi volle far eleggere Mattarella), e come sempre in lui tante
fregagioni, tante moine; ma non divaghiamo. Se dopo aver concesso
interviste a reti unificate ai suoi antichi oppositori B. vedesse
migliorare FI nei sondaggi, non ci resta che invitarlo da noi.