lunedì 7 gennaio 2019

Il Fatto 7.1.19
I gesuiti di Bergoglio vs. i sovranisti: “Il populismo è la morte della fede”
Il manifesto politico della “Civiltà Cattolica” in sette parole, tra cui paura, migranti, democrazia e partecipazione
di Fabrizio d’Esposito


Lo spettro di un nuovo partito cattolico continua a ossessionare i media clerical-salviniani e anche i semplici retroscenisti di Palazzo. E così un giorno sì e l’altro pure si dà per certa la nascita di una formazione centrista modello Dc con a capo questo o quel cattolico (l’ultimo potenziale leader indicato è il sindacalista Marco Bentivogli).
È l’ennesimo modo riduttivo e sciatto per “leggere” le iniziative della Chiesa di Bergoglio dopo un lustro di neutralità politica in Italia, necessario per depurare la Curia dalle scorie del bertonismo, tragico epigono dell’invasiva dottrina ruiniana dopo la fine della Dc. Al contrario, l’interventismo della Cei di Bassetti (il capo dei vescovi) e il dibattito di Avvenire sull’impegno dei credenti per il bene comune segnalano il ritorno di quel cattolicesimo democratico osteggiato per gran parte del pontificato di Giovanni Paolo II e per l’intero regno di Benedetto XVI.
La conferma più evidente è la ritrovata centralità della Civiltà Cattolica, il quindicinale dei gesuiti, la Compagnia da cui proviene papa Bergoglio. Dopo anni di marginalità, il direttore della rivista, padre Antonio Spadaro, e il suo principale analista politico, padre Francesco Occhetta, sono diventati il punto di riferimento della linea francescana. E sarebbe sbagliato tradurre in termini politicisti l’ultimo scritto di Spadaro che fissa in sette parole la “reazione” a questi cupi tempi sovranisti: paura, ordine, migrazioni, popolo, democrazia, partecipazione e lavoro.
In particolare, la critica di padre Spadaro (da Trump al nostrano Salvini) al populismo è densa e coerente: con la “coesione etnica” perseguita dai sovranisti e che si pone “al di sopra della persona” viene a mancare ogni “baluardo al totalitarismo politico”.
Un illiberalismo, si badi bene, che è l’humus ideale per le “attuali alleanze tra cristianesimo e forme aggressive di populismo”. Di qui “la morte della fede” perché la religione finirebbe per diventare un’ideologia politica. Un “appartenere senza credere”. Una critica lucidissima al network clericale anti-bergogliano che sostiene la Lega. E che ha sullo sfondo un altro precedente funesto, Mussolini “cattolico e anticristiano”.