il manifesto 22.12.18
L’Onu: «Orrori impensabili nei centri per migranti in Libia»
Rapporto
Unsmil. Abusi della Guardia costiera libica e negli 11 centri di
detenzione visitati con 1.300 racconti di migranti. La missione delle
Nazioni Unite ricorda all’Italia e all’Ue: «Non è un paese sicuro». E
l'Unhcr soddisfatta per i 103 rifugiati arrivati in Italia con il
corridoio umanitario
di Rachele Gonnelli
«Si
ubriacano e poi fanno ciò che vogliono di noi, ci toccano, ci tolgono i
vestiti e dobbiamo pagare per uscire». Sono 1.300 i resoconti di prima
mano raccolti dallo staff della missione di supporto delle Nazioni Unite
in Libia (Unsmil) che sono alla base del rapporto appena pubblicato
sulle violazioni dei diritti umani in Libia negli ultimi 20 mesi, fino
all’agosto scorso.
DESCRIVE UN CLIMA di continui abusi, stupri,
maltrattamenti, lavori forzati, ricatti alle famiglie d’origine,
mancanza di igiene, malnutrizione e assenza di cure mediche negli 11
centri di detenzione visitati in tutto il Paese, da Est a Ovest e dalla
costa all’estremo Sud al confine con il Niger. Ma soprattutto l’orrore
coinvolge non solo i contrabbandieri ma anche funzionari statali e
milizie che fanno capo al governo di Tripoli sostenuto dalla comunità
internazionale. Con un capitolo pesante a carico della Guardia costiera
libica del governo Serraj che l’Italia ha rifornito di strumentazione,
golette, formazione e al quale ha lasciato spazio per pattugliare e
«soccorrere» in mare i barconi, allontanando le scomode ong.
SONO
29 MILA i migranti che sono stati riportati nell’inferno libico dai
guardiacoste di Tripoli dall’inizio del 2017. Ecco come nel racconto di
due donne sudanesi che hanno tentato la traversata il 18 gennaio di
quest’anno: «Dopo otto ore in mare siamo stati intercettati dalla
Guardia costiera, la loro lancia si è avvicinata a grande velocità
facendo onde così grandi che la nostra barca si stava per rovesciare. Si
sono messi a picchiare diversi passeggeri e ci schernivano “non c’è
l’Italia per te”. Poi hanno dato succo e biscotti ma solo ai bambini e
alle donne palestinesi e siriane, ai bambini neri nulla, poi hanno
portato quelle donne in cabina e noi siamo rimaste sul ponte».
Altri
racconti del centro di detenzione per migranti di Sabha, gestito da un
certo «Gateau», parlano di morti fatti seppellire agli altri prigionieri
e orribili torture. A Sabratha guardie ubriache che sparano senza
ragione, donne lasciate morire dissanguate di parto assistite solo dalle
altre prigioniere con solo un coltellaccio sporco e senza neppure acqua
calda. A Bani Walid una donna della Costa d’Avorio cosparsa di benzina e
bruciata perché non riusciva a pagare un riscatto di mille dollari. Nel
centro di Gergaresh a Tripoli le donne nigeriane tra i 15 e i 22 anni
costrette a prostituirsi dietro una tenda in una grande house of
connection gestita da guardie libiche. E nel centro di Tarikal-matar
sempre a Tripoli solo l’intervento Unsmil ha evacuato alcuni dei 1.900
migranti durante i combattimenti di quest’estate . Mentre altri sono
stati trasferiti dalle milizie di Abu Salim ancora più vicini alla zona
delle bombe e altri ancora sono riusciti a fuggire.
IL RAPPORTO
ONU si conclude con alcune raccomandazioni, innazitutto ai Paesi
europei, ai quali viene richiesto di non considerare assolutamente la
Libia un Paese sicuro per migranti e richiedenti asilo. E poi alle
stesse autorità libiche perché per prima cosa cambino le leggi risalenti
all’87 e al 2010, periodo di Gheddafi, che non riconoscono i soggetti
vulnerabili e i diritti dei rifugiati, criminalizzano l’immigrazione
tout court e costringono i fermati a essere imprigionati come adibat,
schiavo, o a pagare almeno mille dinari.
SODDISFAZIONE DELL’UNHCR
intanto per l’arrivo in Italia ieri l’altro di 103 rifugiati evacuati
dalla Libia (56 donne, 36 minori di cui 5 non accompagnati). Si tratta
del primo gruppo destinate al canale umanitario attivato dalle ong
cattoliche, che hanno potuto sostare nella nuova struttura di transito
inaugurata poche settimane fa a Tripoli dall’Onu. Le donne sono state
quasi tutte violentate, una aveva abortito ed era in grave stato di
malnutrizione.