La Stampa 20.11,18
Uccise i parenti con il tallio
Assolto perché infermo di mente
di Manuela Messina
È
stato uno dei suoi deliri a spingerlo a contaminare con del solfato di
tallio, acquistato su Internet, l’acqua minerale offerta a nove suoi
familiari, di cui tre morti avvelenati.
Con questa valutazione -
supportata da una perizia psichiatrica e da una consulenza difensiva che
hanno stabilito la sua totale incapacità di intendere e di volere - il
giudice di Monza Patrizia Gallucci non ha potuto fare altro che
assolvere dalle accuse di omicidio volontario plurimo premeditato,
Mattia Del Zotto, il 28enne di Nova Milanese, in provincia di Monza, che
ha confessato l’omicidio dei nonni paterni e della zia, avvenuto alla
fine dello scorso anno. «Affetto da un disturbo delirante, totalmente
incapace di intendere e volere al momento dei fatti perché affetto da
vizio totale di mente», aveva concluso il perito incaricato dal
Tribunale.
I soggetti impuri
L’insensato movente del giovane
era stato, per sua ammissione, quello di «punire i soggetti impuri»,
tra cui due nonni e una zia, morti tra atroci sofferenze. Una zia e una
badante riuscirono a salvarsi, ma ancora non sono del tutto guarite. Del
Zotto rimarrà in carcere fino a quanto non sarà individuata la
struttura psichiatrica in cui, per volere del giudice, dovrà restare per
i prossimi dieci anni per essere curato. Nello stesso documento, il
perito nominato dal giudice si riferiva al ragazzo come di un soggetto
«socialmente pericoloso, che necessita di trattamenti intensivi di
durata indefinita in una struttura psichiatrica giudiziaria», seppur
«capace di partecipare al processo».
Diversa era stata invece la
ricostruzione del pm Carlo Cinque, che aveva chiesto la condanna
all’ergastolo. Il pubblico ministero aveva infatti ritenuto valide le
conclusioni del suo consulente, che aveva riconosciuto all’uomo solo un
vizio «parziale» di mente che lo aveva lasciato consapevole nel momento
in cui aveva deciso di sterminare i parenti. I familiari sopravvissuti
del giovane, ancora residenti nella stessa villetta dove è avvenuta la
tragedia, e dove abitano anche i suoi genitori, come riferito
dall’avvocato di parte civile Stefania Bramati «hanno preso bene la
sentenza, sapendo perfettamente che il giovane ha bisogno di essere
curato». Il legale ha fatto sapere di volere attendere «le motivazioni
del verdetto, ad ogni modo i vari familiari tra loro sono in buoni
rapporti, condividono la stessa casa, e di fatto non hanno nemmeno mai
chiesto una perizia di parte per avanzare richieste di risarcimento di
sorta».