il manifesto 30.11.18
Sicurezza, la legge non è uguale per tutti
Immigrazione.
Già la scelta di legare l’immigrazione al più ampio tema della
sicurezza induce immediatamente ad una lettura deviante di fenomeni
sociali che nulla hanno a che vedere con le paure mediaticamente
soffiate su tanti cittadini. Inoltre, ricordiamo mestamente gli 80 anni
delle leggi razziali con una previsione che consente al cittadino
italiano di ottenere un certificato dal proprio Comune a vista mentre
uno straniero regolarmente presente da 10 anni sul territorio che
contribuisce con il proprio reddito al nostro sviluppo economico e paga
diligentemente le tasse potrà dover attendere anche sei mesi
di Mario Morcone*
Il
Decreto immigrazione e sicurezza nasce male. Intanto perché già la
scelta di legare l’immigrazione al più ampio tema della sicurezza induce
immediatamente ad una lettura deviante di fenomeni sociali che nulla
hanno a che vedere con le paure mediaticamente soffiate su tanti
cittadini, meno avvertiti o più fragili e che temono per l’integrità dei
propri beni, se non per la propria vita.
La questione migrazione e
richiedenti asilo invece richiama immediatamente i valori che sono
parte della nostra storia consacrata nella prima parte della
Costituzione e nell’adesione a trattati internazionali, a direttive
europee e al percorso che i Paesi fondatori dell’Unione europea, tra cui
il nostro, hanno faticosamente costruito nei decenni passati.
Poi,
una serie di scelte concrete che saranno fonte di un forte arretramento
della qualità dei diritti e delle libertà e che invece produrranno, a
mio avviso, molti molti guai. In primo piano la rottura di quella
concertazione permanente tra Stato, Regioni e Comuni nata nel 2015 e
2016 che stava rafforzando una infrastruttura dell’accoglienza in
maniera equa su tutto il territorio nazionale attenuando, attraverso la
scelta dei piccoli numeri e lo svuotamento dei grandi centri, l’impatto
sociale sui territori. Se a questo si aggiunge l’annunciato taglio dei
servizi e la riduzione nei fatti dei progetti Sprar si realizza uno
straordinario ritorno al passato che non avremmo più voluto conoscere.
La grande illusione del blocco dell’arrivo dei migranti nell’area
Schengen temo che potrà alla prima occasione essere spazzata via,
costringendoci ai vecchi metodi della nomina del Commissario
Straordinario e della semplificazione delle procedure amministrative.
Per
il momento, con il taglio dei servizi, ripristineremo non solo le
grandi concentrazioni e, sarei pronto a scommettere, soprattutto nel mio
Mezzogiorno, ma costruiremo lo spazio migliore per chi fa dell’impresa
sociale un’occasione finalizzata al solo perseguimento del profitto
avendo magari fallito in altre opportunità d’impresa.
Rinunciare
poi ad uno spazio di flessibilità quale era la protezione umanitaria
(magari tipizzata in fasce meno discrezionali) che consenta alla
Repubblica italiana di far emergere e rendere legali, anche solo per un
periodo di tempo determinato, chi ha un regolare contratto di lavoro,
non ha commesso illegalità e vive con noi rispettando le nostre regole, è
contro ogni comprensibile ragionevolezza. Che dire poi della lista dei
Paesi sicuri, delle procedure accelerate che verranno applicate non
all’aeroporto di Orly o ad un confine terrestre ma in una penisola
circondata dal mare con l’impossibilità di riportare in tempi rapidi nel
Paese di origine coloro che non hanno diritto o che almeno come tali
verranno dichiarati.
Infine, che dire dell’integrazione e
dell’inclusione per le quali si sta provvedendo al taglio di tutti i
fondi disponibili e ad un contrasto sempre più feroce alle associazioni
che si sono impegnate in questo settore. L’aspettativa da parte di tutti
i cittadini di vedere queste persone non più senza far nulla in attesa
che scorrano le ore senza in nessun modo partecipare alla vita sociale
ed economica del nostro Paese, verrà fortemente tradita.
È
esattamente quello che si sta realizzando chiudendo persino quell’ultima
porta dell’integrazione rappresentata dall’acquisizione della
cittadinanza. Norme come quella della sua possibile revoca o il termine
di 48 mesi che l’amministrazione si arroga per valutare la richiesta di
concessione sono sconcertanti e saranno certamente oggetto del vaglio
della Corte Costituzionale. Ma noi ricordiamo mestamente gli 80 anni
delle leggi razziali con una previsione che consente al cittadino
italiano di ottenere un certificato dal proprio Comune a vista mentre
uno straniero regolarmente presente da 10 anni sul territorio che
contribuisce con il proprio reddito al nostro sviluppo economico e paga
diligentemente le tasse potrà dover attendere anche sei mesi.
*Direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati