sabato 6 ottobre 2018

La Stampa 6.10.18
La storia siamo noi
di Mattia Feltri


Il ministero ha deciso di sopprimere il tema di storia dall’esame di maturità perché in dieci anni soltanto il tre per cento degli studenti ha deciso di affrontarlo. È un peccato che i ragazzi trascurino la materia più bella che c’è (parere personale) e che il ministero si adegui, facendone un soprammobile dell’istruzione. Forse è inevitabile se si pensa alla vicenda di Roberto Matatia raccontata ieri dal Foglio. Matatia è un imprenditore di Faenza che ha scritto un libro sulla sua famiglia sterminata ad Auschwitz, e per parlarne era stato invitato da una professoressa di un liceo classico del foggiano. Dopo qualche settimana, però, la professoressa si è scusata con Matatia: purtroppo non se ne fa nulla, altri insegnanti si sono opposti, a scuola niente politica, hanno detto. Ora l’incidente pare rientrato, a Matatia dovrebbe essere stato rinnovato l’invito, ma a questo punto che lo accetti o meno è secondario. Piuttosto risalta la bizzarria che insegnare ai ragazzi che cosa furono le leggi razziali (oggi, ottant’anni fa, il Gran consiglio del fascismo pubblicò la Dichiarazione sulla razza), e quali ne furono le conseguenze, sia derubricato a una bagatella politica. Specialmente nell’accezione infelice che si dà oggi al termine, desolante a ora tarda in birreria, figuriamoci in un liceo classico dove senz’altro sanno che politica deriva da Polis, le città in cui tutti erano chiamati a partecipare all’amministrazione della cosa pubblica e a soggiacere alla medesima legge. È nella Polis che nasce l’idea occidentale di democrazia. Ma se abbiamo questa considerazione della storia, non possiamo che avere questa politica.