La Stampa 28.6.18
Giovane, ispanica e paladina dei poveri
I democratici ripartono da Alexandria
di Paolo Mastrolilli
Non
ci credeva neppure lei, quando ha visto le prime proiezioni che la
davano vincente. E in fondo si capisce, perché la vittoria della
ventottenne Alexandria Ocasio-Cortez nelle primarie democratiche di
martedì a New York vale molto più del suo seggio.
Potrebbe
rappresentare l’inizio di una rivoluzione nel suo partito, per spostarlo
sulle posizioni di sinistra abbandonate da Obama prima, e da Hillary
Clinton poi. Una svolta auspicata dalla corrente che nel 2016 si era
riconosciuta nella candidatura presidenziale di Bernie Sanders, ma
applaudita dietro le quinte anche dai repubblicani, convinti che
abbandonando la linea moderata l’opposizione perderà la Casa Bianca
anche nel 2020.
Alexandria è nata nel Bronx 28 anni fa, da una
madre portoricana che faceva le pulizie nelle case, e da un padre morto
di cancro prima ancora che lei lanciasse la sua carriera politica.
Siccome le scuole del suo quartiere erano orribili, i genitori erano
riusciti a mandarla a studiare a Yorktown, nella Westchester County dove
si rifugiano i ricchi di New York. Lei aveva sfruttato l’occasione,
ottenendo poi l’ammissione alla Boston University, dove aveva studiato
economia e relazioni internazionali. Per aiutare la madre a mantenerla
durante l’università, aveva lavorato come cameriera in un bar. Nel
frattempo si era appassionata alla politica, facendo la volontaria per
il senatore Ted Kennedy, soprattutto sui temi dell’immigrazione.
Nuovi leader progressisti
Una
volta tornata nel Bronx con la laurea, la passione per l’attivismo le
era restata appiccicata addosso. Così si era mobilitata per aiutare la
campagna presidenziale di Bernie Sanders, come molti altri giovani
americani, convinta che solo lui potesse rigenerare il Partito
democratico, riportandolo alle origini dell’attenzione per le classi e
gli individui più deboli. Invece di deluderla, la sconfitta di Bernie
contro Hillary l’aveva motivata ancora di più, e sempre nel 2016 era
diventata uno dei leader della protesta nella riserva indiana dei Sioux a
Standing Rock, per bloccare il progetto del gasdotto Dakota Access
Pipeline. Laggiù l’aveva notata l’organizzazione Brand New Congress, che
cercava nuovi leader progressisti, e le aveva proposto la candidatura
al Parlamento.
Le sue promesse
Lei era caduta dalle nuvole,
anche perché le avevano suggerito di sfidare Joseph Crowley nel 14th
District di New York. Crowley è un politico potentissimo del Queens, che
occupa il quarto posto nella graduatoria della leadership democratica
alla Camera. Da mesi era impegnato in una sfida sotterranea contro Nancy
Pelosi, per prendere il suo posto come Speaker, se l’opposizione
riconquisterà la maggioranza dei deputati nelle elezioni midterm di
novembre. Batterlo sembrava impossibile, e infatti Crowley si era
persino rifiutato di partecipare a un dibattito con Ocasio, mandando al
suo posto un’assistente latina. Alexandria però non si è scoraggiata,
puntando sulla sua biografia di ispanica della classe più dimenticata di
tutte: «Una donna come me - aveva detto nel suo video promozionale -
non dovrebbe candidarsi a cariche pubbliche». Quindi ha condotto la
campagna quasi interamente sui social media, scegliendo temi molto
popolari nell’elettorato progressista, come la sanità gratuita del
Medicare per tutti, la cancellazione delle tasse per accedere alle
università pubbliche, e l’abolizione dell’Immigration and Customs
Enforcement, ossia l’agenzia che arresta gli immigrati al confine col
Messico. Infatti negli ultimi giorni di campagna elettorale, invece di
restare nel suo distretto a New York, è andata in Texas per protestare
contro la separazione degli illegali bambini dai loro genitori.
Risultato: martedì sera ha massacrato Crowley, rimettendo in discussione
l’intera leadership e la strategia del Partito democratico. Se vincerà a
novembre contro il repubblicano Pappas, diventerà il deputato più
giovane mai eletto negli Usa. E il volto della rivoluzione di sinistra,
con cui lei spera di far rinascere l’opposizione.